Il Purgatorio
Introduzione
La terza realtà escatologica è il Purgatorio che a differenza delle prime due realtà (inferno e paradiso) dura soltanto fino alla fine del mondo e fino al giudizio universale: dopo il giudizio universale ci sarà soltanto o la gioia eterna o l'odio eterno come possibilità delle scelte della nostra libertà.
La sua esistenza è confermata dalla Bibbia (2Mac 12, 43 e 1 Cor 3, 12-15) già fin dal Libro dei Maccabei (che i protestanti escludono dal canone biblico, rifiutando così l'esistenza del Purgatorio). È una dimensione temporanea delle anime che durerà solo fino al Giudizio Universale, prima cioè della resurrezione della carne. In esso le persone che sono morte senza peccati mortali, ma che hanno mantenuto una sorta di affetto liberamente accolto per il peccato veniale, si purificano da
questa imperfezione.
Se la beatitudine paradisiaca è la totale conformazione della propria volontà a quella divina, il Purgatorio è un tempo nel quale, pur essendo già salvi, non si può contemplare Dio perché ancora non lo si desidera ed ama con tutto se stessi, perciò è necessario abbandonare ogni volontà che non sia indirizzata a Lui. Taluni parlano del Purgatorio come di un inferno temporaneo, ma è un errore. Se all'Inferno c'è la disperazione ed il tormento (il fuoco) per la lontananza eterna dalla felicità divina, in Purgatorio invece c'è sì la sofferenza motivata dalla mancata partecipazione alla visione beatifica, ma anche la gioia per la certezza di vederLo e di essere nella Sua volontà purificatrice. Il fuoco qui è un fuoco d'amore, simile alle gioiose sofferenze di chi sa che si congiungerà all'amato, ma deve aspettare il momento dell'incontro.
Il Concilio ecumenico di Firenze (1438-1445) definisce come verità di fede non solo l'esistenza del Purgatorio, ma anche la possibilità che le anime purganti possano essere liberate anzitempo grazie ai suffragi dei fedeli viventi (la Santa Messa, preghiere, indulgenze, elemosine ed altro, secondo le istituzioni della Chiesa) (Denzinger 693). Anche questa possibilità ha un fondamento biblico: il sacrificio espiatorio che Giuda Maccabeo offrì per l'assoluzione dei morti che avevano peccato di idolatria (2Mac 12,46) e la comunione mistica in Cristo, sia nel bene che nel male, di tutti gli uomini (Col 1,18). Lo stesso San Giovanni Crisostomo ribadisce e conferma la pia pratica (Omelia sulla prima lettera ai Corinzi, 41,5). Il Concilio di Trento (1545-1563) ordina poi che questa sacra dottrina sia diligentemente trasmessa ai fedeli (Denzinger 983; 940; 950).
Secondo il concetto di giustificazione elaborato nel Concilio di Trento il processo di giustificazione si identifica invece col processo di purificazione del cuore: il cuore umano prima si libera dal peccato mortale, poi dai peccati veniali e quindi da quelle radici del male che vengono chiamate dai teologi "concupiscenza", ossia quella spinta al male e all'egoismo che rimangono in noi anche in seguito del battesimo. Il processo di purificazione e di giustificazione secondo l'angolatura cattolica è un processo di bonifica interiore: si muore all'uomo vecchio e cresce in noi l'uomo nuovo, l'uomo nello Spirito Santo, l'uomo che non vive più secondo la carne ma secondo lo spirito, e il culmine di questo processo di giustificazione è la capacità di amare Dio sopra ogni cosa.
NOZIONE di Purgatorio
Come sostantivo (gr.: kathartèrion oppure purgatòrion, lat. purgare) questo nome si trova usato già dagli Occidentali nel secolo XI con Ildeberto Cenomanense. Nei secoli precedenti né la Sacra Scrittura né la Tradizione usano esplicitamente questo vocabolo, per quanto Sant'Agostino e San Gregorio Magno usino espressioni equivalenti. Più tardi, specialmente nel secolo XIII, consacrato dall'uso, il termine Purgatorium viene adibito nel Concilio di Ferrara-Firenze, contrariamente ai Greco-russi.
In questo senso il Concilio di Ferrara-Firenze e quello Tridentino (Sess. XIV, 3.XII.1563) hanno definito l'esistenza del Purgatorio come «pena temporale dovuta ai peccati già rimessi, per quanto sia certo che valga anche per i peccati veniali non rimessi i nquesta vita». Questa definizione dogmatica è comprovata dall'autorità di passi autorevolissimi dell'Antico Testamento (II Mach. 12, 43-46) e del Nuovo (Matth. 5, 26; 12, 32), dall'Apostolo San Paolo (I Cor. 3, 13 sgg.); è corroborata infine dalla testimonianza dell'antica archeologia cristiana con varie iscrizioni al riguardo.
Il Purgatorio si impone alla ragione perché è certo che nessuno viene ammesso al cospetto di Dio che non sia puro (Apoc. 21, 27); necessita quindi di uno stato o luogo di espiazione, dove le anime amiche di Dio e sue debitrici, mediante pene o suffragi, si possono purgare dalle scorie temporali e diventar degne di salire al cielo.
I teologi discutono molto circa il luogo, la qualità e l'intensità delle pene, il fuoco e la sua potenza, ma la Chiesa, mostrandosi aliena da ogni sottigliezza (cfr. Decr. De Purgatorio), riduce a due i punti essenziali della dottrina cattolica sul Purgatorio:
1. l'esistenza del Purgatorio, cioè di un luogo o stato penoso e transitorio dove le pene avranno la proprietà di essere espiatrici o purificatrici dell'anima;
2. la possibilità di aiutare le anime del Purgatorio mediante i suffragi della Chiesa, ossia attraverso le opere meritorie personali e soprattutto mediante il santo sacrificio della Messa.
La dottrina sul Purgatorio è stata trattata magistralmente da Santa Caterina da Genova.
Cos'è il Purgatorio
Una seconda problematica riguarda la natura stessa del purgatorio. In questa nostra meditazione cercheremo di mettere in chiaro qual è l'insegnamento della Chiesa Cattolica, perché per noi la Chiesa è quella autorità di origine divina - dato che Cristo ha dato questa autorità alla Chiesa e la Chiesa è assistita dallo Spirito Santo - che interpreta rettamente le Scritture. Vedremo poi come questo insegnamento ha radici nella Tradizione, nel testo biblico, e cercheremo di capire attraverso la riflessione teologica in che cosa in realtà consista il purgatorio. Infine, con una riflesione sulla pietà dei fedeli, vedremo quali sono i nostri rapporti con le anime purganti. Si tratta di una tematica ricchissima molto cara al cuore cristiano e attraverso la quale molte persone possono ricevere consolazione per i drammi che hanno vissuto di separazione coi propri cari riacquistando serenità e consolidando la loro fede nell'aldilà.
Introduciamoci dunque nel nostro tema cercando di dare una definizione di purgatorio. E' difficile discutere sul fatto se il purgatorio sia un luogo o piuttosto uno stato. Per quanto riguarda il paradiso e l'inferno non v'è dubbio che debbano essere un luogo perchè nell'inferno, come pure nel paradiso, ci saranno anche i corpi alla fine del mondo. Sappiamo invece che nel purgatorio ci sono solo le anime perché il purgatorio terminerà proprio con la fine del mondo, quando i corpi risorgeranno. Molto opportunamente tralasciamo dunque questo problema e cerchiamo piuttosto di dare una definizione che raccoglie un po' l'insieme della riflessione teologica e le indicazioni del magistero della Chiesa.
Il purgatorio si potrebbe definire come lo stato di coloro che sono morti nella pace di Cristo ma non sono ancora così puri da poter essere ammessi alla visione di Dio. Questo stato lo troviamo affermato con decisione dall'insegnamento della Chiesa a livello conciliare ed è chiaramente espresso almeno in un testo biblico. Tuttavia è opportuno riflettere su un fatto: il purgatorio ha una sua ragione profonda di esistere perché il purgatorio è già uno stato di salvezza, è il luogo in cui già è presente la preghiera e l'amore anche se non è presente la visione di Dio.
Il purgatorio esiste perché esiste la tendenza dell'uomo alla mediocrità e alla tiepidezza, perché l'uomo in questa vita non è capace in generale di esprimere atti di amore così perfetti tali da abilitare la sua anima ad entrare subito nella visione di Dio. Al riguardo un moderno teologo scrive: "Sarebbe bello che la libertà umana fosse capace soltanto o del positivo o del negativo in sommo grado, senza riserve e senza resistenze. Conversioni soltanto con tutte le forze e in modo radicale, oppure dei voltafaccia a Dio compiuti senza misure e senza diplomazia. Ed escludiamo pure le ribellioni compiute a metà, stiracchiate nel tempo, nemmeno decise, ma quasi notarilmente registrate nel lasciarci condurre dalla tendenza ad abbarbicarci alle cose, a legarci alle persone o a fissarci noi stessi, senza nemmeno affrontare il disagio di un no secco rivolto a Dio (...) No, il caso è diverso, è il caso di chi si è consegnato a Dio ma mantenendosi qualche angolo d'anima per sé, senza tirare tutte le conseguenze di una revisione di vita, senza impegnare tutta la volontà nel rispondere alla chiamata di grazia concedendosi ancora in parte alle propensioni cattive, un rinnovarsi ma non lasciando a Dio chieda tutto, un liberarsi dal male ma desiderandolo ancora un poco".
Noi dunque non siamo né totalmente perversi nel male ma neppure totalmente radicali nel bene, anzi, nel bene molte volte siamo spesso tiepidi. Continua il teologo: "la Fede chiama queste nostre piccole piccole vigliaccherie nel bene peccati veniali, cioé mancanza di vigore nella carità, il dare tutto tutto tranne qualche cosa, il salire sulla croce ma con una mano sola e un piede solo". In questa pagina di questo teologo noi troviamo la ragione stessa per cui esiste il purgatorio, cioé poiché la grande massa delle persone è incerta sia sulla via del male sia sulla via del bene, non è così radicata nel male da raggiungere l'impenitenza finale ma neppure è così radicale sulla via del bene da raggiungere il perfetto amore, e in questo stato loro muoiono.
Il purgatorio nei pronunciamenti della Chiesa
La Chiesa ha indicato più volte l'esistenza del purgatorio: indicheremo ora i testi più autorevoli.
Il Concilio di Firenze nel VI sec. definì in modo autorevole l'esistenza del purgatorio. Dice il testo: "Inoltre se [gli uomini] avendo fatto veramente penitenza moriranno nella carità di Dio, prima d'aver soddisfatto con frutti degni di penitenza per i peccati di commissione e di omissione, le loro anime dopo la morte sono purificate con pene purgatorie e per essere liberate da queste pene giovano a loro i suffragi dei fedeli viventi, cioé il sacrificio della messa, le preghiere e le elemosine e le altre pratiche di pietà che si usano fare secondo le istituzioni della Chiesa da parte di fedeli in favore di altri fedeli".
Il Concilio di Trento parlò in diversi decreti del purgatorio, precisando il concetto cattolico di giustificazione del peccatore. Fra i molti decreti precisò anche che "poiché la Chiesa Cattolica, istruita dallo Spirito Santo, attraverso la Sacra Scrittura e dall'antica tradizione dei padri ha insegnato nei sacri concili e recentissimamente in questo sinodo ecumenico che vi è il purgatorio e che le anime in esso trattenute sono aiutate dai suffragi dei fedeli ma principalmente dal sacrificio dell'altare degno di essere accettato, il santo sinodo ordina ai vescovi che procurino con ogni diligenza che la santa dottrina circa il purgatorio, trasmessa dai santi padri e dai sacri concili, sia creduta dai fedeli cristiani, conservata, insegnata e predicata dappertutto".
Da questi concili concludiamo che la dottrina del purgatorio è una verità di fede cattolica definita nel Concilio di Firenze e ribadita della VI sessione del Concilio di Trento. Ma non abbiamo ancora terminato questa rassegna del magistero percé recentemente il magistero si è pronunciato sul purgatorio con due testi autorevolissimi: il Concilio Vaticano II e la Professione di Fede di Papa Paolo VI.
Il Concilio Vaticano II nella costituzione dogmatica Lumen gentium parla del purgatorio come uno dei tre stadi ecclesiali, ossia la chiesa del cielo, la chiesa che si purifica e la chiesa della terra. Dice il documento: "alcuni dei suoi discepoli [di Cristo] sono pellegrini sulla terra, altri, compiuta questa vita, si purificano ancora, altri infine godono della gloria" (n° 49). Inoltre al n°50 è ricordata la pratica della Chiesa che risale ai primissimi tempi di pregare per i fedeli defunti e loda questa usanza perché "poiché santo e salutare è il pensiero di pregare per i defunti perché siano assolti dai peccati" (cf. - 2 Mac 12,43). Infine al n° 51 si richiamano i testi del Concilio di Firenze e del Concilio di Trento circa il purgatorio e la preghiera per i defunti.
Paolo VI nella sua Professione di Fede (o Credo del Popolo di Dio) dice: "noi crediamo che le anime di tutti coloro che muoiono nella grazia di Cristo, sia che debbano ancora essere purificate nel purgatorio, sia che dal momento in cui lasciano il proprio corpo siano accolte da Gesù nel paradiso come Egli fece per il buon ladrone, costituiscono il popolo di Dio nell'aldilà della morte la quale sarà definitivamente sconfitta nel giorno della risurrezione quando queste anime saranno riunite ai propri corpi".
I riferimenti biblici
Questa dottrina della Chiesa, che codifica una realtà viva, cioé una fede viva nel popolo di Dio, non ha molti agganci biblici, tuttavia non ne è assolutamente priva. Il testo più famoso si trova in 2 Mac 12,43: qui si dice con chiarezza che «santo e salutare è il pensiero di pregare per i defunti perché siano assolti dai peccati». Quindi la preghiera per i defunti era una pratica già conosciuta 200 anni prima di Cristo e lodata dal Libro dei Maccabei.
In 1Cor 3,12-15 l'apostolo Paolo, sia pur in un testo abbastanza complesso per quanto riguarda l'esegesi, parla di una purificazione nell'aldilà come attraverso il fuoco. Inoltre non dimentichiamo la Tradizione secondo cui la chiesa cristiana coltivò fin dai primi tempi una grande pietà nei confronti della memoria per i defunti. Dunque il magistero della Chiesa non fa che codificare un atteggiamento fondamentale del popolo di Dio che non solo crede nel purgatorio ma prega per le anime dei defunti e dà una sua indiscussa radice biblica sia in Maccabei sia in San Paolo.
La natura del purgatorio
Tentiamo ora di approfondire il discorso della natura stessa del purgatorio. Dobbiamo però sgombrare il campo da tutta quella serie di ricostruzioni delle pene purgatoriali che è avvenuta nei secoli passati che concepiva il purgatorio come un luogo puramente penale, quasi una via di mezzo tra il paradiso e l'inferno. Anzi, alcuni predicatori erano arrivati al punto da identificare le pene del purgatorio con le pene dell'inferno, salvo che quelle del purgatorio sarebbero state pene temporali mentre quelle dell'inferno sarebbero state delle pene eterne. Al riguardo occorre veramente rivedere una certa predicazione popolare che si era distaccata da quello che era il genuino insegnamento della Chiesa.
Il Concilio Vaticano II parla delle anime del purgatorio come "fedeli in stato di purificazione" e di "discepoli di Cristo". Non dobbiamo dimenticare che anche la teologia classica ha parlato delle anime del purgatorio come di "Chiesa purgante". Ciò significa che il purgatorio è il luogo della salvezza e che chi è in purgatorio è già salvo. E' sbagliato dunque immaginare il purgatorio quasi una via di mezzo tra il paradiso e l'inferno peroprio perché l'inferno è il luogo dell'eterna dannazione dalla quale non vi è uscita mentre il purgatorio è il luogo dove l'anima già salva, già immersa nella misericordia di Dio e nel suo amore si prepara alla visione di Dio. Il Concilio Vaticano II ha anche aggiunto che la Chiesa che si trova sulla terra, la chiesa che si trova nel cielo e la chiesa che si trova nel purgatorio costituiscono l'unico corpo mistico di Cristo sia pure nella diversità dei suoi stati e sia pure nel diverso dono dello Spirito Santo. L'idea fondamentale è dunque quella che sia noi che siamo pellegrini sulla terra, sia i nostri fratelli che sono in cielo, sia quelli che sono in purgatorio costituiamo tutti insieme il corpo mistico di Cristo sia pure con funzioni diverse e con un grado diverso per quanto riguarda il dono dello Spirito Santo e dunque la diversa collaborazione che ognuno di noi dà all'opera della redenzione.
Noi non siamo tenuti a ritenere che in purgatorio sia presente il fuoco così come invece siamo tenuti a ritenere per quanto riguarda l'inferno. Non c'è dubbio infatti che il magistero della Chiesa per la realtà dell'inferno parla chiaramente di "pene del senso", pene che noi indichiamo con la parola "fuoco". Nel purgatorio non vi sono pene del senso e il fuoco possiamo benissimo intenderlo come il fuoco dell'amore di Dio che purifica queste anime.
Il Concilio ci ha detto che anche le anime del purgatorio fanno parte del corpo mistico di Cristo, dunque possiamo dire che anche nelle anime del purgatorio agisce lo spirito di Cristo che è lo Spirito Santo e lo spirito d'amore. Il fuoco che agisce nel purgatorio è proprio il fuoco dello Spirito Santo che penetra nelle radici più profonde delle anime abilitandole ad amare perfettamente. Il purgatorio è dunque quel luogo dove l'amore di Dio purifica le anime dall'egoismo e le porta alla perfezione dell'amore in una sorta di grande scuola dell'amore perfetto il cui maestro è lo Spirito Santo che agisce direttamente su queste anime.
Questo insegnamento ci deriva soprattutto da una grande mistica, Santa Caterina da Genova, che scrisse il Trattato sul Purgatorio, ma è anche un insegnamento che è diventato patrimonio di molti teologi di oggi. La sofferenza del purgatorio ci dervia dal fatto che le anime non possono ancora vedere Dio a faccia a faccia, ma è anche un luogo di gioia perché c'è già la certezza della beatitudine, c'è già la possibilità di comunicare con Dio con la preghiera, c'è la "comunione dei santi", ossia la possibilità delle anime del purgatorio di pregare per noi così come noi possiamo pregare per le anime del purgatorio.
Non è necessario andare in purgatorio!
Concludiamo dicendo che nessuno è obbligato a passare per il purgatorio: noi possiamo andare direttamente in paradiso se già su questa terra noi saremo capaci di purificarci dall'egoismo e sapremo costruire in noi stessi una perfetta capacità di amare. Il buon ladrone non è passato per il purgatorio perché nonostante la sua vita di peccato sulla croce seppe esprimere un atto di perfetta fede e un atto di perfetta contrizione, e noi sappiamo che la perfetta contrizione ci abilita ad entrare direttamente in cielo. Si può arrivare alla perfetta contrizione quando proviamo un sincero dispiacere per aver offeso Dio infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa, è il dispiacere per non aver corrisposto al suo amore.
Questa conoscenza dell'amore infinito di Dio che noi vediamo soprattutto nella passione di Gesù in croce, questo dispiacere di aver peccato e di non aver corrisposto all'amore di Dio, e quindi questa offerta a Dio del proprio pentimento e nel medesimo tempo questa offerta a Dio del desiderio di amarlo sopra ogni cosa, questa attività interiore così sublime che avviene nel nostro cuore per opera dello Spirito Santo, se ripetuta nella nostta vita quotidiana con tanti atti di amore, opera in noi quella radicale purificazione del cuore dilatandolo ad un amore sempre più perfetto e noi già in questa vita possiamo essere nella condizione di poter entrare subito in cielo. D'altra parte non dimentichiamo che le persone che accettano la loro malattia o le loro sofferenze fisiche e spirituali per amore, che vivono la loro morte come morì Gesù in croce, cioè con un abbandono totale, ebbene, queste persone hanno dentro di sé tutte quelle condizioni per cui Dio poi le accoglierà direttamente nel suo regno senza passare per il purgatorio perché il loro cuore è già abilitato ad amare essendo già stato purificato da tutte le scorie dell'egoismo attraverso il dolore e attraverso la morte. Dio allora, nel momento del giudizio, avendo trovato questi servi buoni e fedeli, li farà entrare subito nella gioia del suo regno dando loro il lumen gloriae, cioé la capacità di vederlo, e l'amor gloriae, cioé la capacità di amarlo e goderlo in eterno.
NEGATORI DEL PURGATORIO
Oltre ad alcuni Ariani con Aezio, furono i Petrobrusiani, i Valdesi, gli Albigesi, gli Ussiti ed infine Lutero, che - seppure incoerente con se stesso - insegna varie tesi in opposizione al cattolicesimo. Calvino erige a sistema la mentalità di Lutero, definendo il Purgatorio «esiziale invenzione di Satana, ordinata a rendere vana la Croce di Cristo». Invece i più recenti tra i Protestanti tengono una posizione meno rigida.
Si sente affermare da un dotto valdese, G.B. Ottonello, che «sebbene il catechismo valdese non contempli l'esistenza del Purgatorio, non esiste però da parte nostra alcun formale divieto di ammetterne l'esistenza possibile» (cfr. Fides, n. 43, pag. 167) Il Breve catechismo evangelico dice a proposito: «E' probabile che coloro ai quali non giunse l'offerta della salvezza in questa vita terrena ricevano, dopo la morte, da Dio, l'opportunità di conoscere e accettare il dono della vita»; evidentemente non si tratta del Purgatorio, ma si stabilisce un principio suscettibile di rendere più accetto ai Protestanti il concetto di Purgatorio.
Si dice comunemente che tra i fedeli delle chiese separate d'Oriente non vi è la credenza nel Purgatorio; è meglio dire che non hanno idee troppo chiare. Secondo loro, chi muore nemico di Dio viene condannato all'Inferno, prima con pene provvisorie, definitive dopo l'estremo giudizio; le altre innumerevoli anime, non completamente perverse, vanno anch'esse all'Inferno, cioè in una specie di limbo con varie gradazioni di pene, dal quale vengono liberate non in forza di una loro soddisfazione, ma soltanto in virtù della santa Messa e delle preghiere dei fedeli. Gli Orientali non ammettono quindi il Purgatorio in senso cattolico, ma la loro liturgia lo suppone. «La chiesa ortodossa distingue due stati nell'aldilà: la beatitudine del Paradiso [...] e certe pene da cui l'anima può essere liberata grazie alla preghiere della chiesa e ad un mutamento interiore. [...] La chiesa ortodossa non conosce il Purgatorio in quanto luogo o stato particolare, non essendovi fondamenti biblici o dogmatici per ammettere l'esistenza di un terzo luogo; tuttavia non si può negare la possibilità di uno stato di purificazione» (Bulgakov, L'Orthodoxie; l'autore si pone in forte antitesi rispetto alla Chiesa cattolica).
Nel Catechismo della Chiesa Cattolica leggiamo:
III. La purificazione finale o purgatorio
1030 Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo.
1031 La Chiesa chiama purgatorio questa purificazione finale degli eletti, che è tutt'altra cosa dal castigo dei dannati. La Chiesa ha formulato la dottrina della fede relativa al purgatorio soprattutto nei Concili di Firenze e di Trento. La Tradizione della Chiesa, rifacendosi a certi passi della Scrittura, parla di un fuoco purificatore:
« Per quanto riguarda alcune colpe leggere, si deve credere che c'è, prima del giudizio, un fuoco purificatore; infatti colui che è la Verità afferma che, se qualcuno pronuncia una bestemmia contro lo Spirito Santo, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro (Mt 12,32). Da questa affermazione si deduce che certe colpe possono essere rimesse in questo secolo, ma certe altre nel secolo futuro ».
1032 Questo insegnamento poggia anche sulla pratica della preghiera per i defunti di cui la Sacra Scrittura già parla: « Perciò [Giuda Maccabeo] fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato » (2 Mac 12,45). Fin dai primi tempi, la Chiesa ha onorato la memoria dei defunti e ha offerto per loro suffragi, in particolare il sacrificio eucaristico, affinché, purificati, possano giungere alla visione beatifica di Dio. La Chiesa raccomanda anche le elemosine, le indulgenze e le opere di penitenza a favore dei defunti:
« Rechiamo loro soccorso e commemoriamoli. Se i figli di Giobbe sono stati purificati dal sacrificio del loro padre, perché dovremmo dubitare che le nostre offerte per i morti portino loro qualche consolazione? [...] Non esitiamo a soccorrere coloro che sono morti e ad offrire per loro le nostre preghiere ».
Infine riporto una bella catechesi tenuta da San Giovanni Paolo II in occasione di un'udienza generale (4 agosto 1999):
Il purgatorio:
necessaria purificazione
per l'incontro con Dio
Lettura: 1 Gv 1, 5-9
Questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che ora vi annunziamo: Dio è luce e in lui non ci sono tenebre. Se diciamo che siamo in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, mentiamo e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato.
Prima condizione: rompere con il peccato.
Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se riconosciamo i nostri peccati, egli che è fedele e giusto ci perdonerà i peccati e ci purificherà da ogni colpa.
1. Come abbiamo visto nelle due precedenti catechesi, in base all'opzione definitiva per Dio o contro Dio, l'uomo si trova dinanzi a una delle alternative: o vive con il Signore nella beatitudine eterna, oppure resta lontano dalla sua presenza.
Per quanti si trovano in condizione di apertura a Dio, ma in un modo imperfetto, il cammino verso la piena beatitudine richiede una purificazione, che la fede della Chiesa illustra attraverso la dottrina del "Purgatorio" (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1030-1032).
2. Nella Sacra Scrittura si possono cogliere alcuni elementi che aiutano a comprendere il senso di questa dottrina, pur non enunciata in modo formale. Essi esprimono il convincimento che non si possa accedere a Dio senza passare attraverso una qualche purificazione.
Secondo la legislazione religiosa dell'Antico Testamento, ciò che è destinato a Dio deve essere perfetto. In conseguenza, l'integrità anche fisica è particolarmente richiesta per le realtà che vengono a contatto con Dio sul piano sacrificale, come per esempio gli animali da immolare (cfr Lv 22, 22) o su quello istituzionale, come nel caso dei sacerdoti, ministri del culto (cfr Lv 21, 17-23). A questa integrità fisica deve corrispondere una dedizione totale, dei singoli e della collettività (cfr 1 Re 8 , 61), al Dio dell'alleanza nella linea dei grandi insegnamenti del Deuteronomio (cfr 6, 5). Si tratta di amare Dio con tutto il proprio essere, con purezza di cuore e con testimonianza di opere (cfr Ivi, 10, 12s).
L'esigenza d'integrità s'impone evidentemente dopo la morte, per l'ingresso nella comunione perfetta e definitiva con Dio. Chi non ha questa integrità deve passare per la purificazione. Un testo di san Paolo lo suggerisce. L'Apostolo parla del valore dell'opera di ciascuno, che sarà rivelata nel giorno del giudizio, e dice: "Se l'opera che uno ha costruito sul fondamento [che è Cristo] resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; ma se l'opera finirà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco" (1 Cor 3, 14-15).
3. Per raggiungere uno stato di perfetta integrità è necessaria talvolta l'intercessione o la mediazione di una persona. Ad esempio, Mosè ottiene il perdono del popolo con una preghiera, nella quale evoca l'opera salvifica compiuta da Dio in passato e invoca la sua fedeltà al giuramento fatto ai padri (cfr Es 32, 30 e vv. 11-13). La figura del Servo del Signore, delineata dal Libro di Isaia, si caratterizza anche per la funzione di intercedere e di espiare a favore di molti; al termine delle sue sofferenze egli "vedrà la luce" e "giustificherà molti", addossandosi le loro iniquità (cfr Is 52, 13-53,12, spec. 53, 11).
Il Salmo 51 può essere considerato, secondo la visuale dell'Antico Testamento, una sintesi del processo di reintegrazione: il peccatore confessa e riconosce la propria colpa (v. 6), chiede insistentemente di venire purificato o "lavato" (vv. 4.9.12.16) per poter proclamare la lode divina (v. 17).
4. Nel Nuovo Testamento Cristo è presentato come l'intercessore, che assume in sé le funzioni del sommo sacerdote nel giorno dell'espiazione (cfr Eb 5, 7; 7, 25). Ma in lui il sacerdozio presenta una configurazione nuova e definitiva. Egli entra una sola volta nel santuario celeste allo scopo d'intercedere al cospetto di Dio in nostro favore (cfr Eb 9, 23-26, spec. 24). Egli è Sacerdote e insieme "vittima di espiazione" per i peccati di tutto il mondo (cfr 1 Gv 2, 2).
Gesù, come il grande intercessore che espia per noi, si rivelerà pienamente alla fine della nostra vita, quando si esprimerà con l'offerta di misericordia ma anche con l'inevitabile giudizio per chi rifiuta l'amore e il perdono del Padre.
L'offerta della misericordia non esclude il dovere di presentarci puri ed integri al cospetto di Dio, ricchi di quella carità, che Paolo chiama "vincolo di perfezione" (Col 3, 14).
5. Durante la nostra vita terrena seguendo l'esortazione evangelica ad essere perfetti come il Padre celeste (cfr Mt 5,48), siamo chiamati a crescere nell'amore per trovarci saldi e irreprensibili davanti a Dio Padre, "al momento della venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi" (1 Ts 3, 12s.). D'altra parte, siamo invitati a "purificarci da ogni macchia della carne e dello spirito" (2 Cor7, 1; cfr 1 Gv 3, 3), perché l'incontro con Dio richiede una purezza assoluta.
Ogni traccia di attaccamento al male deve essere eliminata; ogni deformità dell'anima corretta. La purificazione deve essere completa, e questo è appunto ciò che è inteso dalla dottrina della Chiesa sul purgatorio. Questo termine non indica un luogo, ma una condizione di vita. Coloro che dopo la morte vivono in uno stato di purificazione sono già nell'amore di Cristo, il quale li solleva dai residui dell'imperfezione (cfr Conc. Ecum. di Firenze, Decretum pro Graecis: DS 1304; Conc. Ecum. di Trento, Decretum de iustificatione: DS 1580; Decretum de purgatorio: DS 1820).
Occorre precisare che lo stato di purificazione non è un prolungamento della situazione terrena, quasi fosse data dopo la morte un'ulteriore possibilità di cambiare il proprio destino. L'insegnamento della Chiesa in proposito è inequivocabile ed è stato ribadito dal Concilio Vaticano II, che così insegna: "Siccome poi non conosciamo né il giorno né l'ora, bisogna, come ci avvisa il Signore, che vegliamo assiduamente, affinché, finito l'unico corso della nostra vita terrena (cfr Eb 9, 27), meritiamo con Lui di entrare al banchetto nuziale ed essere annoverati fra i beati, né ci si comandi, come a servi cattivi e pigri, di andare al fuoco eterno, nelle tenebre esteriori, dove 'ci sarà il pianto e lo stridore dei denti' (Mt 22, 13 e 25, 30)" (Lumen gentium, 48).
6. Un ultimo aspetto importante che la tradizione della Chiesa ha sempre evidenziato, va oggi riproposto: è quello della dimensione comunitaria. Infatti coloro che si trovano nella condizione di purificazione sono legati sia ai beati che già godono pienamente la vita eterna sia a noi che camminiamo in questo mondo verso la casa del Padre (cfr CCC, 1032).
Come nella vita terrena i credenti sono uniti tra loro nell'unico Corpo mistico, così dopo la morte coloro che vivono nello stato di purificazione sperimentano la stessa solidarietà ecclesiale che opera nella preghiera, nei suffragi e nella carità degli altri fratelli nella fede. La purificazione è vissuta nel vincolo essenziale che si crea tra coloro che vivono la vita del secolo presente e quelli che già godono la beatitudine eterna.
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Il Purgatorio non è il campo di concentramento dell’al di là; dove l’uomo debba espiare delle pene che gli vengono assegnate in modo più o meno positivistico.
Il Purgatorio è quel processo necessario della trasformazione spirituale dell’uomo che lo pone in grado di essere vicino al Cristo, vicino a Dio e di unirsi all’intera “Communio Sanctorum”
L’incontro con il Signore è questa trasformazione, il fuoco che lo tramuta in quella forma priva di scorie che può diventare recipiente della grazia eterna (cfr. H.U. von Balthasar, I novissimi nella teologia contemporanea) – (J. Ratzinger)
Approfondiamo il tema dei novissimi
con post dedicati, ecco l'elenco:
I Novissimi - Purgatorio "Per quanti si trovano in condizione di apertura a Dio, ma in un modo imperfetto, il cammino verso la piena beatitudine richiede una purificazione."
I Novissimi - Purgatorio "Per quanti si trovano in condizione di apertura a Dio, ma in un modo imperfetto, il cammino verso la piena beatitudine richiede una purificazione."
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