Chiara "Luce" Badano
Nata a Sassello (un paese dell'Appennino ligure in provincia di Savona) nel 1971 dopo un'attesa di undici anni da parte dei genitori, il padre Ruggero, camionista, e la madre Maria Teresa, casalinga. Chiara ha doti di dolcezza e vivacità insieme, una grande comunicativa e un'attenzione spontanea verso gli "ultimi", fin dagli anni dell'asilo. Volitiva, tenace, altruista, di lineamenti fini, snella, grandi occhi limpidi, sorriso aperto, ama la neve e il mare, pratica molti sport; viene educata dalla mamma (attraverso le parabole del Vangelo) a parlare con Gesù e a digli «sempre di sì». Ha un debole per le persone anziane che copre di attenzioni.
L'incontro con Chiara Lubich
A nove anni conosce i ‘Focolarini’ di Chiara Lubich ed entra a fare parte dei ‘Gen’. E prende alla lettera le parole di Chiara Lubich. La scoperta che Dio la ama immensamente e che si può corrispondere al suo immenso amore, segna una svolta nelle sue scelte. Conoscere il Vangelo e mettere in pratica quanto scritto in quelle pagine, inizia a caratterizzare da allora il suo stile di vita che condivide con le altre ragazze del Gen 3. Insieme percorrono "il santo viaggio", un cammino personale e comunitario: la meta è aiutarsi reciprocamente nella realizzazione del disegno d'amore che Dio ha su ciascuna di loro. Periodicamente si riuniscono in piccoli gruppi, le unità gen, caratterizzate dall'approfondimento della spiritualità che le anima e da momenti di comunione di esperienze. Favorendo la creatività, promuovono le più diverse iniziative con l'obiettivo di irradiare l'amore evangelico tra i ragazzi della loro età e trasformare l'ambiente intorno a loro.
Ha molti amici che trovano in lei apertura e ascolto. Ma alle medie prova anche l'emarginazione di chi la chiama "suorina" per il suo impegno cristiano. In quarta ginnasio la bocciatura, subìta come ingiustizia, poi la delusione al primo innamoramento. Ma ogni insuccesso diventa per lei una pedana di lancio. Conosce un gruppo di giovani che vivono il Vangelo e li segue in ogni iniziativa, facendosi coinvolgere pienamente.
Dai suoi quaderni traspare la gioia e lo stupore nello scoprire la vita. Terminate le medie a Sassello si trasferisce a Savona dove frequenta il liceo classico.
Trovava Gesù nei lontani, negli atei e tutta la sua vita è stata una tensione all’amore concreto per tutti. Ogni sua giornata fu una gemma da innalzare a Dio, dando un senso eterno ad ogni gesto.
Dinamica, sportiva, bella, Chiara si sente amata da Dio e lo vuole portare a tutti coloro che incontra sulla sua strada. Animata da profondo rispetto per ognuno, manifesta con schiettezza il proprio pensiero di credente, ma evita di prevaricare sulla libertà e coscienza dell’interlocutore: ben più efficace dei ragionamenti è infatti la sua testimonianza di serenità e di generosa disponibilità.
Lei non parla di Gesù agli altri, lo porta con la sua vita. Dice infatti: «Io non devo dire di Gesù, ma devo dare Gesù con il mio comportamento» e così si ripensa allo straordinario insegnamento di sant’Ignazio di Antiochia: «È meglio essere cristiani senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo».
La gioia di vivere, l’entusiasmo per le piccole cose, la contemplazione del creato, la felicità di godere dell’amicizia erano il nutrimento delle sue giornate.
La scoperta della malattia ed il "si" a Dio.
Il calvario della malattia
Eppure, accanto a lei, parenti e amici continuano a respirare aria di festa. Chiacchiera volentieri, gioca, scherza. Non c’è odore di malattia, né di prossima morte. La vita continua a fuoriuscire da lei e gli altri si abbeverano a questa straordinaria fonte. Si consuma e si offre per amore di Gesù ai dolori della Chiesa, al Movimento dei Focolari e ai giovani. La sua cameretta, in ospedale prima e a casa poi, diventa una piccola chiesa, luogo di incontro e di apostolato: "L’importante è fare la volontà di Dio...è stare al suo gioco...Un altro mondo mi attende...Mi sento avvolta in uno splendido disegno che, a poco a poco, mi si svela...Mi piaceva tanto andare in bicicletta e Dio mi ha tolto le gambe, ma mi ha dato le ali..." Chiara Lubich, che la seguirà da vicino, durante tutta la malattia, in un’affettuosa lettera le pone il soprannone di ‘Luce’. Non un lamento mentre il male avanza e i dolori aumentano. Si prepara alla "festa": "Nessuno dovrà piangere"; sceglie l'abito da sposa da indossare per le sue esequie mentre attende lo Sposo che verrà a prenderla.
Mons. Livio Maritano, vescovo dicocesano, così la ricorda: "...Si sentiva in lei la presenza dello Spirito Santo che la rendeva capace di imprimere nelle persone che l’avvicinavano il suo modo di amare Dio e gli uomini. Ha regalato a tutti noi un’esperienza religiosa molto rara ed eccezionale".
L'incontro con "lo Sposo"
Un particolare pensiero va alla gioventù: "...I giovani sono il futuro. Io non posso più correre, però vorrei passare loro la fiaccola come alle Olimpiadi. I giovani hanno una vita sola e vale la pena di spenderla bene!". Non ha paura di morire. Aveva detto alla mamma: "Non chiedo più a Gesù di venire a prendermi per portarmi in Paradiso, perché voglio ancora offrirgli il mio dolore, per dividere con lui ancora per un po' la croce". Negli ultimi giorni, Chiara non riesce quasi più a parlare, ma vuole prepararsi all’incontro con ‘lo Sposo’ e si sceglie l’abito bianco, molto semplice, con una fascia rosa. Lo fa indossare alla sua migliore amica per vedere come le starà. Spiega anche alla mamma come dovrà essere pettinata e con quali fiori dovrà essere addobbata la chiesa; suggerisce i canti e le letture della Messa. Vuole che il rito sia una festa. Le ultime sue parole: "Mamma sii felice, perché io lo sono. Ciao!".
Muore all’alba del 7 ottobre 1990. E’ “venerabile” dal 3 luglio 2008. E' stata beatificata il 25 settembre 2010 presso il Santuario del Divino Amore in Roma.
Alcuni video, il primo dalla trasmissione "A sua immagine":
il secondo è un video sulla manifestazione tenuta nell' aula Paolo VI in Vaticano dopo la celebrazione della beatificazione avvenuta al Santuario del Divino Amore
La beatificazione presieduta a Roma dall'arcivescovo Amato:
Chiara Badano e la luce dello Spirito
"La beata Chiara Badano è una missionaria di Gesù, un'apostola del Vangelo come buona notizia a un mondo ricco di benessere, ma spesso malato di tristezza e di infelicità. Ella ci invita a ritrovare la freschezza e l'entusiasmo della fede". Lo ha detto l'arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, presiedendo il rito di beatificazione della giovane focolarina (1971-1990), svoltosi sabato pomeriggio, 25 settembre, nel santuario romano del Divino Amore
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Davanti a migliaia di fedeli giunti da ogni parte del mondo e con i giovani in prima linea, monsignor Amato, in rappresentanza di Benedetto XVI, ha iscritto il nome di Chiara nell'albo dei beati. È la prima volta che un'appartenente al Movimento dei Focolari viene elevata all'onore degli altari.
"L'invito a ritrovare l'entusiasmo della fede - ha detto il presule - è rivolto a tutti, ai giovani anzitutto, ma anche agli adulti, ai consacrati, ai sacerdoti. A tutti è data la grazia sufficiente per diventare santi. Rispondiamo con gioia a questo invito di santità e ringraziamo Benedetto XVI per il dono della beatificazione della nostra Chiara Luce", come amava chiamarla la fondatrice dei Focolari Chiara Lubich. "Si tratta - ha proseguito - di un segno concreto della fiducia e della stima che il Papa ha nei giovani, nei quali vede il volto giovane e santo della Chiesa".
La spiritualità focolarina è stata vissuta dalla nuova beata in maniera esemplare. A questo proposito, l'arcivescovo ha sottolineato come "l'abito nuziale col quale Chiara andò incontro al Signore Gesù era impreziosito dai "sette diamanti" della spiritualità cristiana e focolarina: Dio Amore; fare la volontà di Dio; Parola di vita vissuta; amore verso il prossimo; amore reciproco che realizza l'unità; presenza di Gesù nell'unità". "Ma c'è - ha aggiunto - un settimo diamante, il più prezioso, che brilla più degli altri, ed è l'amore a Gesù Crocifisso e abbandonato". Questo - secondo Chiara Lubich - è "il cardine principe, che riassume la spiritualità focolarina e che la beata ha interpretato al meglio. L'amore a Gesù abbandonato le infuse quell'energia spirituale, quella grazia capace di sopportare ogni avversità".
Il presule ha poi proposto alcuni episodi della vita di Chiara Luce che rivelano la sua carità verso il prossimo. "Ad appena undici anni - ha ricordato - si propone di "amare chi mi sta antipatico". Quando invitava qualcuno a pranzo diceva alla mamma di mettere la tovaglia più bella, "perché oggi Gesù viene a trovarci". In paese c'era una certa signora Maria, una donna emarginata, che non godeva di nessuna considerazione e non andava mai in chiesa. Chiara, incontrandola spesso per strada, l'aiutava a portare gli oggetti pesanti e la chiamava "signora" Maria. Quando Maria seppe della morte di Chiara, volle andare in chiesa. Si vestì come si deve, partecipò alla messa e diede come offerta ben cinquantamila lire, molte per quei tempi". Un giorno un'amica domanda a Chiara: "Con gli amici al bar, ti capita di parlare di Gesù, cerchi di far passare qualcosa di Dio?". "No, non parlo di Dio". "Ma come, ti fai sfuggire le occasioni?": E lei: "Non conta tanto parlare di Dio. Io lo devo dare"".
La carità di Chiara era l'espressione della sua unione con Cristo. "Con i suoi atti d'amore - ha detto l'arcivescovo - la nostra beata ha anche riempito la valigia per il suo santo viaggio. L'amore a Gesù era da lei vissuto quotidianamente in mille episodi di carità. Non propositi al vento, ma fatti concreti. A Gianfranco Piccardo, volontario in partenza per scavare trenta pozzi d'acqua potabile in Benin, consegna i suoi risparmi, un milione e trecentomila lire, regalo per il suo ultimo compleanno, dicendo: "A me non servono, io ho tutto"".
La sua carità si manifestò anche negli ultimi giorni della sua vita. "Questa ragazza, all'apparenza fragile - ha aggiunto - in realtà era una donna forte. Anche sul letto di morte fece un ultimo dono, quello delle cornee ancora trapiantabili, perché non intaccate dal male. Furono espiantate e due giovani oggi vedono grazie a lei". Anche i medici rimasero meravigliati dal comportamento di Chiara di fronte alla malattia e alla sofferenza. "Innaturale, eccezionale, incredibile: sono questi - ha concluso il presule - gli aggettivi usati dai medici curanti per descrivere la serenità e la fortezza di Chiara di fronte alla malattia mortale. È vero. Il suo atteggiamento era innaturale, perché completamente soprannaturale, frutto di grazia divina, di fede infinita e di eroismo virtuoso. Lei parlava dell'abito di sposa per i suoi funerali, come farebbe una ragazza che si prepara per il matrimonio. Diceva: "Io non piango, perché sono felice". E alla mamma: "Quando mi vorrai cercare, guarda in cielo, mi troverai in una stellina".
La sua memoria liturgica è stata fissata al 29 ottobre. ( tratto da L'Osservatore Romano - 26 settembre 2010)
fonti:
http://www.chiaralucebadano.it/
http://www.santiebeati.it/
http://www.cattoliciromani.com/forum/showthread.php/beata_chiara_luce_badano-29057p3.html
Chiara tu sei la mia luce. Tuo Servo Paolo
Ciao Chiara....donami ancora la Tua luce in questa lunga notte.....
Valter