Per collaborazioni, opinioni e suggerimenti potete scrivere un commento. I contributi più interessanti verranno pubblicati nella sezione "Lettere al Viandante".
Gesù è ritrovato dai genitori nel tempio in mezzo ai maestri.
Gesù fra i dottori del tempio.
+ Dal Vangelo secondo Luca
I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
Messaggio della Regina della Pace a Ivan - 28 Dicembre 2012
Apparizione sul Podbrdo, alle ore 22:00. Ecco le parole di Ivan:
«Desidero descrivere brevemente l'incontro di stasera con la Madonna con queste parole che io ho, perché descrivere l'incontro con la Madonna è molto difficile, poiché ogni parola è povera per poter descrivere a parole la bellezza di questo incontro e, in particolare, è veramente molto difficile descrivere l'amore della Madre. Perciò desidero dirvelo con queste parole che io ho, nel modo più breve e più semplice. Anche stasera la Madonna è venuta a noi molto gioiosa e felice. All'inizio ci ha salutato tutti col suo consueto materno saluto: "Sia lodato Gesù, cari figli miei!".Poi la Madonna ha pregato qui su tutti noi per un tempo prolungato con le mani distese e ha pregato in particolare su voi malati presenti.
Poi la Madonna ha detto: "Cari figli, anche oggi desidero invitarvi alla gioia, vi invito di nuovo alla gioia. Nello stesso tempo, vi invito alla responsabilità. Cari figli, accogliete responsabilmente i miei messaggi e vivete i miei messaggi, perché, vivendo i miei messaggi, desidero condurvi a mio Figlio. In tutti questi anni in cui sono insieme a voi, il mio dito è rivolto verso mio Figlio, verso Gesù, perché desidero condurvi tutti a Lui. Perciò, anche nei prossimi giorni, ponetevi questa domanda: "Che cosa posso fare perché il mio cuore sia più vicino a Gesù?". Che questa domanda vi guidi. Dite a voi stessi: "Che cosa devo lasciare? Che cosa devo rifiutare, perché il mio cuore sia più vicino a Gesù?". Pregate, cari figli! Io pregherò per tutti voi, affinché la vostra risposta nei vostri cuori sia: "Sì, desidero essere più vicino a Gesù!". Grazie, cari figli, perché anche oggi avete risposto alla mia chiamata e avete detto sì".
Poi io ho raccomandato tutti voi, tutti i vostri bisogni, le vostre intenzioni, le vostre famiglie e, in particolare, gli ammalati. Poi la Madonna ha continuato a pregare per un tempo in particolare per i sacerdoti e per le vocazioni nella Chiesa. Poi la Madonna se n'è andata in preghiera, se n'è andata nel segno della luce e della croce, col saluto: "Andate in pace, cari figli miei!". Grazie!»
La Madonna è venuta con Gesù bambino tra le braccia e non ha dato messaggio, ma Gesù bambino ha iniziato a parlare e ha detto: “Io sono la vostra pace, vivete i miei comandamenti”. La Madonna e Gesù bambino, insieme, ci hanno benedetto con il segno della croce.
Per approfondimenti e commenti al messaggio vi invito come sempre a visitare il sito di Radio Maria.
Ecco la traduzione in inglese, tedesco, francese e spagnolo del messaggio:
------------- ENGLISH -------------
Message, 25. December 2012
Our Lady came with little Jesus in her arms and she did not give a message, but little Jesus began to speak and said : “I am your peace, live my commandments.” With a sign of the cross, Our Lady and little Jesus blessed us together.
------------DEUTSCH----------
Botschaft, 25. Dezember 2012
Die Muttergottes ist mit dem kleinen Jesus im Arm gekommen und Sie hat keine Botschaft gegeben, aber der kleine Jesus hat begonnen zu sprechen und sagte: „Ich bin euer Friede, lebt meine Gebote!“ Mit dem Zeichen des Kreuzes haben uns die Muttergottes und der kleine Jesus gemeinsam gesegnet.
-------------FRANCAIS-------------
Message, 25. décembre 2012
La Gospa est arrivée avec le Petit Jésus dans les bras et elle n’a pas donné de message ; mais le Petit Jésus s’est mis à parler et il a dit : "Je suis votre paix. Vivez mes commandements." Du signe de la croix, la Gospa et le Petit Jésus nous ont bénis ensemble.
-------------ESPANOL-------------
Mensaje, 25. diciembre 2012
La Virgen vino con el Niño Jesús en brazos y no dio ningún mensaje, pero el Niño Jesús comenzó a hablar y dijo: "Yo soy vuestra paz, vivan mis mandamientos." Con la señal de la Cruz, la Virgen y el Niño Jesús, juntos, nos bendijeron.
Medjugorje - Messaggio annuale* a Jacov - 25 dicembre 2012
"Cari figli, donatemi le vostre vite, e abbandonatevi totalmente a me, affinché io possa aiutarvi a capire il mio amore materno, e l'amore di mio Figlio verso di voi. Figli miei, io vi amo immensamente e oggi, in modo particolare, nel giorno della Nascita di mio Figlio, vorrei accogliere ognuno di voi nel mio grembo materno, ogni vostro cuore ed ogni vostra vita e donarla a mio Figlio. Figli miei, Gesù vi ama e vi dona la sua grazia per poter vivere la Sua Misericordia, però tanti dei vostri cuori sono stati assorbiti dal peccato e vivete nel buio. Perciò figli miei, non aspettate, dite no al peccato e donate i vostri cuori a mio Figlio, perché solo così potrete vivere nella Misericordia di Dio e con Gesù nei vostri cuori, vi incamminerete sulla via di salvezza."
Affidandogli il decimo segreto, il 12 settembre 1998, la Vergine disse a Jacov che per tutta la sua vita avrebbe avuto un'apparizione all'anno: il giorno di Natale, 25 dicembre.
Per approfondimenti e commenti al messaggio vi invito come sempre a visitare il sito di Radio Maria.
Vangelo della Notte - Lc 2,1-14 Oggi è nato per voi il Salvatore.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
Parola del Signore
"Alleluia, alleluia.
Un giorno santo è spuntato per noi:
venite tutti ad adorare il Signore;
oggi una splendida luce è discesa sulla terra.
Alleluia."
Vangelo del Giorno - Gv 1,1-18
Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l'hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?
Visitazione di Maria alla cugina Elisabetta
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Nella lotta per la famiglia è in gioco l'uomo stesso
La famiglia e il dialogo: sono stati questi i due temi fondamentali del grande discorso pronunciato oggi dal Papa alla Curia Romana, in occasione degli auguri natalizi. Nel suo articolato intervento, Benedetto XVI ha ricordato i momenti salienti di questo 2012: dai viaggi internazionali in Messico, Cuba e Libano, all’Incontro Mondiale delle Famiglie di Milano e, ancora, il Sinodo per la Nuova evangelizzazione e l’Anno della Fede nel 50.mo del Concilio. Cuore del discorso: la vera essenza della libertà umana e la difesa della famiglia in cui si gioca il destino dell’uomo.
Perché la Chiesa ha così a cuore la famiglia? Benedetto XVI ha mosso la sua riflessione da un interrogativo che oggi tanti, in un contesto così complesso, si pongono. La Chiesa è interessata alla famiglia, ha esordito il Papa, perché non si tratta solo di una “determinata forma sociale”, ma in essa è racchiusa la questione dell’uomo stesso, “di che cosa sia l’uomo e di che cosa occorra fare per essere uomini in modo giusto”. “La famiglia –ha detto - è forte e viva anche oggi. È incontestabile, però, anche la crisi che – particolarmente nel mondo occidentale – la minaccia fino nelle basi. Nella questione della famiglia – ha proseguito - non si tratta soltanto di una determinata forma sociale, ma della questione dell’uomo stesso della questione di che cosa sia l’uomo e di che cosa occorra fare per essere uomini in modo giusto. Le sfide in questo contesto sono complesse”. Il Papa ha sottolineato che la Chiesa non è da sola nel difendere la famiglia ed ha messo l’accento sulle minacce poste ad essa dalla “filosofia della sessualità”, dalla teoria del “gender” secondo cui il sesso “non è più un dato originario della natura”, bensì un ruolo sociale “del quale si decide autonomamente”:
Il Papa, poi entra nel cuore del problema con questa bellissima meditazione che vogliamo proporvi in modo integrale: “Il Gran Rabbino di Francia, Gilles Bernheim, in un trattato accuratamente documentato e profondamente toccante, ha mostrato che l’attentato, al quale oggi ci troviamo esposti, all’autentica forma della famiglia, costituita da padre, madre e figlio, giunge ad una dimensione ancora più profonda. Se finora avevamo visto come causa della crisi della famiglia un fraintendimento dell’essenza della libertà umana, ora diventa chiaro che qui è in gioco la visione dell’essere stesso, di ciò che in realtà significa l’essere uomini. Egli cita l’affermazione, diventata famosa, di Simone de Beauvoir: “Donna non si nasce, lo si diventa” (“On ne naît pas femme, on le devient”). In queste parole è dato il fondamento di ciò che oggi, sotto il lemma “gender”, viene presentato come nuova filosofia della sessualità. Il sesso, secondo tale filosofia, non è più un dato originario della natura che l’uomo deve accettare e riempire personalmente di senso, bensì un ruolo sociale del quale si decide autonomamente, mentre finora era la società a decidervi. La profonda erroneità di questa teoria e della rivoluzione antropologica in essa soggiacente è evidente. L’uomo contesta di avere una natura precostituita dalla sua corporeità, che caratterizza l’essere umano. Nega la propria natura e decide che essa non gli è stata data come fatto precostituito, ma che è lui stesso a crearsela. Secondo il racconto biblico della creazione, appartiene all’essenza della creatura umana di essere stata creata da Dio come maschio e come femmina. Questa dualità è essenziale per l’essere umano, così come Dio l’ha dato. Proprio questa dualità come dato di partenza viene contestata. Non è più valido ciò che si legge nel racconto della creazione: “Maschio e femmina Egli li creò” (Gen 1,27). No, adesso vale che non è stato Lui a crearli maschio e femmina, ma finora è stata la società a determinarlo e adesso siamo noi stessi a decidere su questo. Maschio e femmina come realtà della creazione, come natura della persona umana non esistono più. L’uomo contesta la propria natura. Egli è ormai solo spirito e volontà. La manipolazione della natura, che oggi deploriamo per quanto riguarda l’ambiente, diventa qui la scelta di fondo dell’uomo nei confronti di se stesso. Esiste ormai solo l’uomo in astratto, che poi sceglie per sé autonomamente qualcosa come sua natura. Maschio e femmina vengono contestati nella loro esigenza creazionale di forme della persona umana che si integrano a vicenda. Se, però, non esiste la dualità di maschio e femmina come dato della creazione, allora non esiste neppure più la famiglia come realtà prestabilita dalla creazione. Ma in tal caso anche la prole ha perso il luogo che finora le spettava e la particolare dignità che le è propria. Bernheim mostra come essa, da soggetto giuridico a sé stante, diventi ora necessariamente un oggetto, a cui si ha diritto e che, come oggetto di un diritto, ci si può procurare. Dove la libertà del fare diventa libertà di farsi da sé, si giunge necessariamente a negare il Creatore stesso e con ciò, infine, anche l’uomo quale creatura di Dio, quale immagine di Dio viene avvilito nell’essenza del suo essere. Nella lotta per la famiglia è in gioco l’uomo stesso. E si rende evidente che là dove Dio viene negato, si dissolve anche la dignità dell’uomo.Chi difende Dio, difende l’uomo”.
Il Papa è poi passato al tema del dialogo: “il dialogo con gli Stati, il dialogo con la società – in esso incluso il dialogo con le culture e con la scienza – e, infine, il dialogo con le religioni. In tutti questi dialoghi – ha affermato - la Chiesa parla a partire da quella luce che le offre la fede. Essa, però, incarna al tempo stesso la memoria dell’umanità che, fin dagli inizi e attraverso i tempi, è memoria delle esperienze e delle sofferenze dell’umanità, in cui la Chiesa ha imparato ciò che significa essere uomini, sperimentandone il limite e la grandezza, le possibilità e le limitazioni. La cultura dell’umano, di cui essa si fa garante, è nata e si è sviluppata dall’incontro tra la rivelazione di Dio e l’esistenza umana. La Chiesa rappresenta la memoria dell’essere uomini di fronte a una civiltà dell’oblio, che ormai conosce soltanto se stessa e il proprio criterio di misure. Ma come una persona senza memoria ha perso la propria identità, così anche un’umanità senza memoria perderebbe la propria identità. Ciò che, nell’incontro tra rivelazione ed esperienza umana, è stato mostrato alla Chiesa va, certo, al di là dell’ambito della ragione, ma non costituisce un mondo particolare che per il non credente sarebbe senza alcun interesse. Se l’uomo con il proprio pensiero entra nella riflessione e nella comprensione di quelle conoscenze, esse allargano l’orizzonte della ragione e ciò riguarda anche coloro che non riescono a condividere la fede della Chiesa. Nel dialogo con lo Stato e con la società, la Chiesa certamente non ha soluzioni pronte per le singole questioni. Insieme con le altre forze sociali, essa lotterà per le risposte che maggiormente corrispondano alla giusta misura dell’essere umano. Ciò che essa ha individuato come valori fondamentali, costitutivi e non negoziabili dell’esistenza umana, lo deve difendere con la massima chiarezza. Deve fare tutto il possibile per creare una convinzione che poi possa tradursi in azione politica”.
“Nella situazione attuale dell’umanità – ha proseguito - il dialogo delle religioni è una condizione necessaria per la pace nel mondo, e pertanto è un dovere per i cristiani come pure per le altre comunità religiose. Questo dialogo delle religioni ha diverse dimensioni. Esso sarà innanzi tutto semplicemente un dialogo della vita, un dialogo della condivisione pratica. In esso non si parlerà dei grandi temi della fede – se Dio sia trinitario o come sia da intendere l’ispirazione delle Sacre Scritture ecc. Si tratta dei problemi concreti della convivenza e della responsabilità comune per la società, per lo Stato, per l’umanità. In ciò bisogna imparare ad accettare l’altro nel suo essere e pensare in modo diverso. A questo scopo è necessario fare della responsabilità comune per la giustizia e per la pace il criterio di fondo del colloquio. Un dialogo in cui si tratta di pace e di giustizia diventa da sé, al di là di ciò che è semplicemente pragmatico, una lotta etica" circa le valutazioni che sono presupposte al tutto. Così il dialogo, in un primo momento meramente pratico, diventa tuttavia anche una lotta per il giusto modo di essere persona umana. Anche se le scelte di fondo non sono come tali in discussione, gli sforzi intorno a una questione concreta diventano un processo in cui, mediante l’ascolto dell’altro, ambedue le parti possono trovare purificazione e arricchimento. Così questi sforzi possono avere anche il significato di passi comuni verso l’unica verità, senza che le scelte di fondo vengano cambiate. Se ambedue le parti muovono da un’ermeneutica di giustizia e di pace, la differenza di fondo non scomparirà, crescerà tuttavia anche una vicinanza più profonda tra loro”.
Il Papa mette poi a confronto dialogo, identità e verità: “il cristiano ha la grande fiducia di fondo, anzi, la grande certezza di fondo di poter prendere tranquillamente il largo nel vasto mare della verità, senza dover temere per la sua identità di cristiano. Certo, non siamo noi a possedere la verità, ma è essa a possedere noi: Cristo, che è la Verità, ci ha presi per mano, e sulla via della nostra ricerca appassionata di conoscenza sappiamo che la sua mano ci tiene saldamente. L’essere interiormente sostenuti dalla mano di Cristo ci rende liberi e al tempo stesso sicuri. Liberi: se siamo sostenuti da Lui, possiamo entrare in qualsiasi dialogo apertamente e senza paura. Sicuri, perché Egli non ci lascia, se non siamo noi stessi a staccarci da Lui. Uniti a Lui, siamo nella luce della verità”.
Infine, Benedetto XVI ha fatto una breve annotazione sull’evangelizzazione, “il cui primo e fondamentale elemento è il semplice annuncio, il kerigma, che attinge la sua forza dalla convinzione interiore dell’annunciatore”. “La parola dell’annuncio diventa efficace là dove nell’uomo esiste la disponibilità docile per la vicinanza di Dio; dove l’uomo è interiormente in ricerca e così in cammino verso il Signore. Allora, l’attenzione di Gesù per lui lo colpisce al cuore e poi l’impatto con l’annuncio suscita la santa curiosità di conoscere Gesù più da vicino. Questo andare con Lui conduce al luogo dove Gesù abita, nella comunità della Chiesa, che è il suo Corpo. Significa entrare nella comunione itinerante dei catecumeni, che è una comunione di approfondimento e, insieme, di vita, in cui il camminare con Gesù ci fa diventare vedenti”.
Vediamo allora la cronaca dei 4 giorni del veggente di Medjugorje, Ivan Dravicevic, che dimostra l'opera incessante della Madonna nella Chiesa, infatti era presente l’intera chiesa del Libano, con i suoi sacerdoti, vescovi e cardinali.
Primo Giorno
Il viaggio di 4 giorni in Libano ha avuto inizio per Ivan giovedì 15 novembre 2012 a Kitké, piccola cittadina libanese sede del patriarcato di Antiochia dei Maroniti, pur al cospetto di sua eccellenza il cardinal Beciarà Butrus Gaj, Patriarca di Antiochia di tutto l’Oriente. Circa 12mila persone hanno atteso l’arrivo del veggente medjugorjano già molte ore prima dell’inizio della cerimonia, alcune di queste a partire dalla notte recedente.
L’evento è iniziato intorno alle 18. dopo l’apparizione mariana, durata circa 5 minuti, Ivan ha riferito le seguenti parole: “La Vergine Maria ha detto che pregherà per il Libano e per i libanesi. Ha detto che ha dato la Sua benedizione al Patriarca e ha benedetto tutti. Ha ringraziato tutti per aver pregato con Lei e ha chiesto di pregare per la pace, dicendo che Lei è sempre con noi.”. Maria è apparsa molto felice durante tutta l’apparizione. Ha prestato particolare attenzione al Patriarca, sul cui capo – secondo quanto riportato da Ivan – ha posto la mano e lo ha benedetto.
Il cardinale Beciara Butrus Gaj ha successivamente presieduto la Santa Messa e l’adorazione eucaristica. Da sottolineare che immediatamente dopo l’apparizione il Libano è stato consacrato al Cuore Immacolato di Maria usando la medesima preghiera che Giovanni Paolo II recitò il 13 maggio 1984 per la consacrazione del mondo e della Chiesa.
Secondo Giorno
Ivan, nei suoi quattro giorni di permanenza in Libano, ha avuto il secondo messaggio della Regina della Pace a Tzalé, presso il santuario greco cattolico di Nostra Signora di Tzalé a Becà. 7000 persone, più di 40 sacerdoti, 5 vescovi greco cattolici, tra cui Sua Eccellenza l’arcivescovo melchita greco cattolico Issam Zumanna Tarvish, che hanno assistito ai circa 8 minuti di apparizione mariana.
“La Vergine Maria – secondo quanto riportato dal veggente – era molto gioiosa e felice durante l’apparizione”. Ecco il messaggio rivolto ai partecipanti di Tzalé: “Miei cari figli, oggi voglio mostrarvi quanto vi amo. Mi spiace di non essere in grado di far comprendere a ognuno di voi il mio amore. Ecco perché vi invito a pregare e ad abbandonarvi totalmente a Dio. perché Satana desidera portarvi via attraverso le vostre azioni quotidiane. Satana vuol prendere il primo posto nella vostra vita. Per questo motivo, miei cari figli, pregate continuamente. Grazie per aver risposto alla mia chiamata”.
Da sottolineare come l’arcivescovo Tarvish - amico di lunga data di Ivan e frequente visitatore di Medjugorje -, abbia nella sua omelia definito il piccolo paese della Bosnia ed Herzegovina “Il più grande santuario mariano del mondo”, ed abbia incoraggiato tutti i presenti a visitarlo. (Difatti sono moltissimi i libanesi che ci vanno, almeno un gruppo la settimana).
Terzo Giorno
La terza apparizione mariana è avvenuta a Mag Dusha, presso la basilica di Nostra Signora di Manthara, nota anche come Nostra Signora dell’attesa. Questa apparizione, certamente molto suggestiva, in quanto il luogo scelto dalla Regina della Pace è quello che l’ha vista trascorrere tanta parte della sua vita terrena. Nello specifico, secondo la tradizione condivisa dalle due principali chiese cristiane del luogo: quella maronita e quella greco cattolica, l’attuale santuario corrisponderebbe alla caverna dove la Madonna aspettò il ritorno di Gesù dal suo pubblico sermone a Sidone.
Ecco il testo del messaggio ricevuto da Ivan e ricevuto dai rappresentanti delle due chiese, un vescovo maronita e due greco cattolici, assieme a 40 sacerdoti e a una folla di circa 4000 persone raccolte attorno al santuario. «Cari figli, vi chiedo di pregare per la pace. Pregate con me per la pace. La pace. Grazie per aver risposto alla mia chiamata».
Ivan ha inoltre riferito che la Vergine Maria ha pregato anche in aramaico, la sua lingua madre, e che ama tutti i suoi figli: Lei che è madre di tutti, e che il suo amore per i cristiani, i musulmani e i drusi, è lo stesso.
Quarto Giorno
Vediamo il quarto giorno: 18 novembre. È impressionante vedere questa partecipazione di vescovi e ardinali, patriarchi, sacerdoti, oltre al popolo fedele, e come la Madonna sta rinnovando la Chiesa insieme al Papa. E come la Madonna in questi ultimi tempi continui a dire di pregare per i pastori della Chiesa, dicendo che: “Senza di loro non potete andare da nessuna parte”. Ha anche detto di chiudere le labbra alle critiche. È qualcosa di straordinario che sta avvenendo, cari amici! Qualcosa di grandioso.
L’ultima apparizione ad Ivan, durante i quattro giorni di visita in Libano, ha avuto luogo nel nord del paese, precisamente ad Emar, nella chiesa dedicata a San Giovanni Battista. Grande è stata la partecipazione della gente. Circa 6500 persone distribuite dentro la chiesa, compresi 30 sacerdoti, l’arcivescovo maronita Jorge Abu Jaulue, di Tripoli, città omonima della capitale libica. Ecco il messaggio dato dalla Regina della Pace ai presenti: «Cari figli, pregate per le vocazioni al sacerdozio. Pregate per i pastori della chiesa. Perseverate nelle vostre preghiere. Io, vostra madre, intercedo per voi con mio Figlio. Grazie per aver risposto alla mia chiamata».
Ivan Dragicevic
L’arcivescovo Jorge Abu Jalue, presa la parola per l’omelia, ha detto: “Le apparizioni di Medjugorje sono un segno che non abbiamo tempo. Nel corso della storia Dio ha mandato molti messaggi attraverso i suoi angeli e i profeti, perché la gente aveva perso la fede. Oggi Dio invia Sua Madre nel nostro pianeta perché la nostra fede è debole. Quando il comunismo dominava l’Europa orientale, aveva distrutto molte chiese e ucciso molti sacerdoti e fedeli. La Madonna era apparsa a Medjugorje per chiamare il popolo a resistere nella fede, a riconciliarsi con Dio e a lavorare per la pace. Lei è la Regina della Pace e appare qui dove la pace è tanto necessaria. Con la guerra nel Medio Oriente, in Iraq, Siria e in Terra Santa". L’arcivescovo ha poi concluso dicendo: "Maria, Regina della Pace, donaci la pace!".
Ovunque nel mondo le chiese locali invitano i veggenti di Medjugorje. E Ivan e Marija sono quelli che più si prodigano in questa presenza. Ma anche gli altri lo fanno, compatibilmente con le esigenze delle loro famiglie.
Seguendo l'indicazione di Benedetto XVI, che proseguendo nelle sue catechesi dell'Anno della fede, ha invitato i fedeli a prestare «maggiore attenzione alle letture della Messa domenicale» proviamo con oggi a cominciare la pubblicazione del Vangelo domenicale.
Vangelo - Lc 3,10-18 E noi che cosa dobbiamo fare?
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
Santa Lucia, dal nome evocatore di luce, martirizzata a Siracusa sotto Diocleziano (c. 304), fa parte delle sette donne menzionate nel Canone Romano. Il suo culto universalmente diffuso è già testimoniato dal sec. V. Un’antifona tratta dal racconto della sua passione la saluta come «sponsa Christi». La sua «deposizione» a Siracusa il 14 dicembre è ricordata dal martirologio geronimiano (sec. VI).
La Tradizione
Secondo la tradizione gli furono cavati gli occhi ed infatti viene rappresentata con un piattino con le orbite ed un pugnale, divenendo così simbolicamente “La Portatrice di Luce”, quindi la protettrice della vista.
Il giorno di Santa Lucia viene correlato alla rinascita della luce ed alle celebrazioni del solstizio d’inverno, un tempo infatti il calendario antico faceva ricorrere questa festività proprio nei giorni antecedenti il 21 Dicembre, mentre nei paesi nordici il solstizio era celebrato proprio il 13 dicembre.
Un proverbio infatti dice:
“La nòcc de Santa Lüzzea, l’è la piü lüngà che s’ghé seà“ (La notte di Santa Lucia è la più lunga che ci sia).
In diverse in regioni del nord Italia come il Trentino, il Friuli Venezia Giulia, la Lombardia, l’Emilia e il Veneto (ma anche in Austria, Repubblica Ceca e Slovacchia) é Santa Lucia che ogni anno porta i doni ai bambini più buoni i quali attendono che la notte Santa Lucia scenda dal cielo con il suo asinello e lasci fuori la porta di casa di ogni bimbo un sacco pieno di doni e dolcetti.
I bambini le scrivono una lettera, elencando i regali che vorrebbero ricevere da lei, raccontandole di essere stati buoni e giudiziosi durante l'anno e, dunque, di meritarseli. In alcuni casi, i doni vengono portati segretamente nelle case, e i bimbi (che si aspettano dei doni e non il carbone riservato ai bambini cattivi) corrono a letto perché se la Santa li vede tirerà loro della cenere o della sabbia negli occhi, accecandoli. Per ingraziarsi la Santa e l'asinello che l'aiuta a portare i doni è uso lasciarle del cibo (solitamente un panino, delle arance, dei mandarini, del latte, del caffè o dei biscotti, ma ciò varia a seconda della tradizione familiare), per l'asinello Tobia (dell'acqua, del fieno, del sale, della crusca o dello zucchero).
Santa Lucia è festeggiata anche nei paesi nordici come Svezia, Finlandia e Danimarca. Essa è rappresentata come una bellissima fanciulla vestita di bianco con una corona di candele.
In Svezia infatti la sera del 12 dicembre la tradizione vuole che si preparino dei dolciumi e la mattina del 13 dicembre la figlia maggiore si alza prima di tutti e vestita con un lungo abito bianco legato in vita con una cintura rossa ed in capo una corona di foglie con sette candele, svegliando gli altri membri della famiglia e gli servendogli i biscotti cucinati la sera precedente, simboleggiando il passaggio di Santa Lucia.
Inoltre è tradizione il canto di Luciasången (riadattamento in svedese della canzone di Santa Lucia) dove le bambine sfilano vestite di bianco a simboleggiare le stelle, cantando di casa in casa. Ogni anno è eletta la Santa Lucia di Svezia che parteciperà alla processione a Siracusa.
La Storia
Lucia nasce a Siracusa sul finire del III secolo, in un periodo compreso fra il 280 e il 290 d.C. (probabilmente nell’anno 284/285). La sua famiglia nobile e molto ricca è tra le più importanti della città. La madre si chiama Eutichia (in greco, Fortunata). Del padre non si hanno notizie certe.
L’infanzia di Lucia è particolarmente felice sia per la sua fede in Cristo sia per i notevoli mezzi economici della famiglia. Purtroppo all’età di 5-9 anni rimane orfana del padre e questo evento obbliga Eutichia a provvedere da sola alla sua educazione. Intanto Lucia e la madre sono costrette, per sfuggire alle persecuzioni, a professare di nascosto la religione cristiana.Lucia, ancora ragazzina, sebbene non manifesti alcun interesse per il matrimonio, è promessa in sposa dalla madre ad un giovane patrizio.
La serenità della famiglia però è turbata dall’aggravarsi delle continue emorragie di cui soffre Eutichia, per la quale i medici non nutrono speranze di sopravvivenza.
Lucia convince la madre a recarsi in pellegrinaggio a Catania presso la tomba di S. Agata, in occasione dell’anniversario del suo martirio (secondo la tradizione il 5 febbraio) per chiedere la grazia della guarigione. Giunte a Catania, durante la celebrazione della messa Lucia e la madre sono colpite dalle parole del brano del Vangelo che racconta dell’emoroissa che aveva ricevuto il dono della guarigione toccando il lembo della veste di Gesù.
Dopo la messa, Lucia, mentre Eutichia toccava il sepolcro, a Lucia apparve in visione S. Agata che le disse “Lucia, sorella mia, perché chiedi a me ciò che tu stessa puoi ottenere per tua madre? Ecco, tua madre è già guarita per la tua fede”. Lucia disse alla mamma: “Per l’intercessione di S. Agata, Gesù ti ha guarita” e, pensando che quello era il momento giusto, rivela alla sua mamma l’intenzione di consacrarsi a Gesù, e di voler donare la sua ricca dote nuziale ai poveri: Eutichia tenta di dissuaderla, ma alla fine ne accetta la volontà e la aiuta nella realizzazione dei suoi progetti.
L' elemosina di Santa Lucia (Pasqualino)
La notizia che le due donne vendono i loro averi per distribuirne il ricavato ai poveri si diffonde rapidamente e arriva all’orecchio del pretendente di Lucia (un pagano), il quale chiede spiegazioni ad Eutichia. La donna lo rassicura, dicendogli che la vendita sarebbe servita per un buon investimento. Tranquillizzato, il ragazzo torna a casa, ma quando viene a saper che Lucia è cristiana, preso dall’ira, la denuncia all’arconte di Siracusa Pascasio che subito la fa arrestare.
Durante il processo, Pascasio cerca di convincere Lucia a rinnegare la sua fede e a compiere sacrifici in onore degli dei romani, lei però non cede. Alterato dalle sue risposte, ordina che sia portata in un “luogo infame, dove sarai costretta al disonore” (postribolo), ma quando i soldati tentano di spostarla, Lucia miracolosamente diventa irremovibile.
Pascasio pensa che Lucia sia una strega per questo ordina che sia cosparsa di urina (era antica credenza che l’urina avesse la capacità di annullare magie e sortilegi) e di riprovare a muoverla usando dei buoi. Ma gli animali non riescono a spostarla.
Pascasio pensò che tale prodigio fosse opera di magia ed, infuriatosi, ordinò che fosse trattata come una strega: fu quindi cosparsa di resina e pece e data a fuoco ma le fiamme non la bruciavano. Lucia disse a Pascasio : “Ho pregato il mio Signore Gesù Cristo affinché questo fuoco non mi molestasse per dare ai credenti il coraggio del martirio...”
Pascasio, ormai fuori di sé ed in preda alla confusione, vedendo che Lucia, nonostante il fuoco avvolga il suo corpo, sorride e mantiene la calma, ordina ad un soldato di ucciderla con la spada. Il soldato dapprima esita, poi esegue l’ordine e la decapita. Lucia, prima dell’esecuzione, preannunciò la morte di Diocleziano, avvenuta dopo pochi anni, e la fine delle persecuzioni, terminate nel 313 d.C. con l’editto di Costantino.
Vi sono due versioni circa le modalità dell’uccisione di Santa Lucia. Secondo il martyrion greco, il più antico scritto, Lucia fu decapitata con un colpo di spada (fine riservata ai nobili); secondo la passio latina invece, Lucia fu trafitta alla gola. La prima versione appare la più credibile perché lo scheletro della Santa presenta la testa staccata dal corpo.
Il seppellimento di Santa Lucia (Caravaggio)
Il 13 dicembre del 304, Lucia muore da martire ed ebbe sepoltura nello stesso luogo dove nel 313 fu costruito un santuario a lei dedicato.
Nel 1039 il generale bizantino Giorgio Maniace trasferì il corpo di S. Lucia da Siracusa a Costantinopoli, per sottrarla al pericolo di invasione della città di Siracusa da parte dei Saraceni. Nel 1204, durante la quarta crociata, il doge di Venezia, Enrico Dandolo, trova a Costantinopoli le spoglie della Santa, le porta a Venezia nel monastero di San Giorgio e nel 1280 le fa trasferire nella chiesa a lei dedicata a Venezia.
Le sacre spoglie della santa siracusana tornarono eccezionalmente a Siracusa per 7 giorni nel dicembre 2004 in occasione del 17° centenario del suo martirio; l'arrivo e la partenza delle spoglie furono salutati da una incredibile folla di siracusani che sperano in un ritorno definitivo.
S. Lucia ha salvato tante volte Siracusa nei suoi momenti più drammatici come carestie, terremoti, guerre; è intervenuta anche in altre città come Brescia che, grazie alla sua intercessione, fu liberata da una grave carestia.
S. Gregorio I Magno (590-604), inserì S. Lucia nel canone della messa romana. Alcune citazioni si ritrovano nella “Summa Teologica” di S. Tommaso d’Aquino.
Dante ne fa il simbolo della Grazia illuminante e si definisce suo fedele. La reputava protettrice della vista e, come racconta nel “Convivio”, si rivolse spesso a Lei per guarire dai disturbi agli occhi.
La leggenda popolare narra, che alla Santa furono strappati gli occhi dalle orbite, per questo alcune iconografie raffigurano la Santa con un vassoio in mano su cui sono posti gli occhi.
La vita di S. Lucia, come spesso accade per i santi dei primi secoli del cristianesimo, è intessuta di elementi leggendari; questi stanno a testimoniare l’enorme venerazione di cui la santa ha goduto e gode sia in Italia che nel mondo.
S. Lucia è Patrona di Siracusa e di molte altre città in Italia e nel mondo: è considerata la protettrice degli occhi, degli oculisti, degli elettricisti e degli scalpellini e viene spesso invocata nelle malattie degli occhi.
Preghiere a Santa Lucia
O Santa, che dalla luce hai nome, a Te piena di fiducia ricorriamo affinchè ne impetri una luce sacra, che ci renda santi, per non camminare nelle vie del peccato e per non rimanere avvolti nelle tenebre dell'errore.
Imploriamo altresì, per tua intercessione, il mantenimento della luce negli occhi con una grazia abbondante per usarli sempre secondo il divino beneplacito, senza alcun detrimento dell'anima.
Fa, o S. Lucia, che dopo averti venerata e ringraziata, per il tuo efficace patrocinio, su questa terra, arriviamo finalmente a godere con Te in paradiso della luce eterna del divino Agnello, il tuo dolce sposo Gesù.
Amen (composta da papa Pio X)
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O gloriosa Santa Lucia, che alla professione della fede, associasti la gloria del martirio, ottienici di professare apertamente le verità del Vangelo e di camminare con fedeltà secondo gli insegnamenti del Salvatore.
O Vergine Siracusana, sii luce alla nostra vita e modello di ogni nostra azione, cosicché, dopo averTi imitato qui in terra, possiamo, assieme a Te godere della visione del Signore.
Amen. (composta da Angelo Giuseppe Roncalli al tempo Patriarca di Venezia; divenne poi papa Giovanni XXIII; oggi è Beato)
L'Immacolata è la prima grande festa della Madonna. Ricorda non la nascita di Gesù, ma il fatto che Maria e' concepita senza peccato. E' tutta santa,immacolata, non ha mai avuto alcun contatto col peccato: ne' quello di Adamo ed Eva,che invece tutti noi abbiamo con la nascita, ne' alcun altro peccato personale. E' un dono,un privilegio che Dio concede a Maria,la donna destinata a diventare la madre del Suo Figlio. La verita' dell'immacolato concepimento e' antichissima e trova fondamento dalla parola stessa che l'angelo Gabriele dice nel momento dell'annunzio: la chiama "Piena di Grazia!".
Pio IX definisce questa verita' di fede l'8 dicembre 1854. Quattro anni dopo,a Lourdes,la stessa Vergine,rispondendo alla domanda di Bernadette,dice: " Io sono l'Immacolata Concezione".
E' una bella festa che ci prepara al Natale,ormai alle porte. (Mons. Cosmo Francesco Ruppi)
Catechismo della Chiesa Cattolica
Leggiamo assieme: La predestinazione di Maria (numero 488) « Dio ha mandato suo Figlio » (Gal 4,4), ma per preparargli un corpo ha voluto la libera collaborazione di una creatura. Per questo, Dio, da tutta l'eternità, ha scelto, perché fosse la Madre del Figlio suo, una figlia d'Israele, una giovane ebrea di Nazaret in Galilea, « una vergine promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria » (Lc 1,26-27):
« Volle il Padre delle misericordie che l'accettazione di colei che era predestinata a essere la Madre precedesse l'incarnazione, perché così, come la donna aveva contribuito a dare la morte, la donna contribuisse a dare la vita ».
(numero 489) Nel corso dell'Antica Alleanza, la missione di Maria è stata preparata da quella di sante donne. All'inizio c'è Eva: malgrado la sua disobbedienza, ella riceve la promessa di una discendenza che sarà vittoriosa sul maligno, e quella d'essere la madre di tutti i viventi. In forza di questa promessa, Sara concepisce un figlio nonostante la sua vecchiaia. Contro ogni umana attesa, Dio sceglie ciò che era ritenuto impotente e debole per mostrare la sua fedeltà alla promessa: Anna, la madre di Samuele, Debora, Rut, Giuditta e Ester, e molte altre donne. Maria « primeggia tra gli umili e i poveri del Signore, i quali con fiducia attendono e ricevono da lui la salvezza. Infine con lei, la eccelsa figlia di Sion, dopo la lunga attesa della promessa, si compiono i tempi e si instaura la nuova economia ».
L'Immacolata concezione è spiegata dal punto numero 490: Per essere la Madre del Salvatore, Maria « da Dio è stata arricchita di doni degni di una così grande missione ». L'angelo Gabriele, al momento dell'annunciazione, la saluta come « piena di grazia » (Lc 1,28). In realtà, per poter dare il libero assenso della sua fede all'annunzio della sua vocazione, era necessario che fosse tutta sorretta dalla grazia di Dio. (numero 491) Nel corso dei secoli la Chiesa ha preso coscienza che Maria, « colmata di grazia » da Dio, era stata redenta fin dal suo concepimento. È quanto afferma il dogma dell'immacolata concezione, proclamato da papa Pio IX nel 1854:
« La beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per una grazia ed un privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, è stata preservata intatta da ogni macchia del peccato originale ».
(numero 492) Questi « splendori di una santità del tutto singolare » di cui Maria è « adornata fin dal primo istante della sua concezione » le vengono interamente da Cristo: ella è « redenta in modo così sublime in vista dei meriti del Figlio suo ». Più di ogni altra persona creata, il Padre l'ha « benedetta con ogni benedizione spirituale, nei cieli, in Cristo » (Ef 1,3). In lui l'ha scelta « prima della creazione del mondo, per essere » santa e immacolata « al suo cospetto nella carità » (Ef 1,4). (numero 493) I Padri della Tradizione orientale chiamano la Madre di Dio « la Tutta Santa », la onorano come « immune da ogni macchia di peccato, dallo Spirito Santo quasi plasmata e resa una nuova creatura ». Maria, per la grazia di Dio, è rimasta pura da ogni peccato personale durante tutta la sua esistenza.
Il Dogma e le Parole di Maria a Lourdes
L’8 dicembre del 1854 papa Pio IX – con parole, cariche di solennità – proclamò il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria. Nella costituzione apostolica “Ineffabilis Deus” attestò: “Con l'autorità di Nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dichiariamo, affermiamo e definiamo rivelata da Dio la dottrina che sostiene che la beatissima Vergine Maria fu preservata, per particolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, immune da ogni macchia di peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento”. Da quel momento – secondo le norme giuridiche del Diritto Canonico – il dogma dell’Immacolata diventò oggetto di fede, certo ed immutabile, per tutti i fedeli.
Quattro anni più tardi una particolare coincidenza sottolineò l’importanza di tale pronunciamento dogmatico. Il 25 marzo 1858, giorno della sedicesima Apparizione, Bernardetta si reca alla Grotta dove, per volere di don Peyramale, parroco di Lourdes, chiede "alla Signora" di dire il suo nome. Per tre volte, Bernardetta rivolge la domanda. Alla quarta richiesta, "la Signora" le risponde in dialetto: "Que soy era Immaculada Counceptiou", "Io sono l'Immacolata Concezione". Bernardetta non ha capito immediatamente il senso di questa parola. L'Immacolata Concezione, così come lo insegna la Chiesa, è "Maria concepita senza peccato, grazie ai meriti della croce del Cristo". Bernardetta si reca immediatamente dal signor parroco, per trasmettergli il nome "della Signora". Lui capirà che è la Madre di Dio che appare alla Grotta di Massabielle. Più tardi, il vescovo di Tarbes, Mgr Laurence, la autentificherà.
Immacolata Concezione
Omelia di Giovanni Paolo II
"Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te" (Lc 1,28).
Con queste parole dell’Arcangelo Gabriele, ci rivolgiamo alla Vergine Maria più volte al giorno. Le ripetiamo oggi con fervida gioia, nella solennità dell’Immacolata Concezione, ricordando l’8 dicembre 1854, quando il beato Pio IX proclamò questo mirabile dogma della fede cattolica proprio in questa Basilica vaticana.
Quanto grande è il mistero dell’Immacolata Concezione che l’odierna Liturgia ci presenta! Mistero che non cessa di attirare la contemplazione dei credenti e ispira la riflessione dei teologi. Il tema del Congresso ora ricordato - "Maria di Nazaret accoglie il Figlio di Dio nella storia" - ha favorito un approfondimento della dottrina del concepimento immacolato di Maria quale presupposto per l’accoglienza nel suo grembo verginale del Verbo di Dio incarnato, Salvatore del genere umano.
" Piena di grazia": con questo appellativo, secondo l’originale greco del Vangelo di Luca, l’Angelo si rivolge a Maria. E’ questo il nome con cui Dio, attraverso il suo messaggero, ha voluto qualificare la Vergine. In questo modo Egli l’ha pensata e vista da sempre, ab aeterno.
Nell’inno della Lettera agli Efesini, poc’anzi proclamato, l’Apostolo loda Dio Padre perché "ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo" (Ef 1,3). Con quale specialissima benedizione Dio s’è rivolto a Maria fin dall’inizio dei tempi! Veramente benedetta, Maria, tra tutte le donne (cfr Lc 1,42).
Il Padre l’ha scelta in Cristo prima della creazione del mondo, perché fosse santa e immacolata al suo cospetto nell’amore, predestinandola quale primizia all’adozione filiale per opera di Gesù Cristo (cfr Ef 1,4-5).
La predestinazione di Maria, come quella di ognuno di noi, è relativa alla predestinazione del Figlio. Cristo è quella "stirpe" che avrebbe "schiacciato la testa" all’antico serpente, secondo il Libro della Genesi (cfr Gn 3,15); è l’Agnello "senza macchia" (cfr Es 12,5; 1 Pt 1,19), immolato per redimere l’umanità dal peccato.
In previsione della morte salvifica di Lui, Maria, sua Madre, è stata preservata dal peccato originale e da ogni altro peccato. Nella vittoria del nuovo Adamo c’è anche quella della nuova Eva, madre dei redenti. L’Immacolata è così segno di speranza per tutti i viventi, che hanno vinto satana per mezzo del sangue dell’Agnello (cfr Ap 12,11).
Contempliamo quest’oggi l’umile fanciulla di Nazaret santa e immacolata al cospetto di Dio nella carità (cfr Ef 1,4), quella "carità", che nella sua fonte originaria, è Dio stesso, uno e trino. Opera sublime della Santissima Trinità è l’Immacolata Concezione della Madre del Redentore! Pio IX nella Bolla Ineffabilis Deus, ricorda che l’Onnipotente ha stabilito "con un solo e medesimo decreto l’origine di Maria e l’incarnazione della divina Sapienza" (Pii IX Pontificis Maximi Acta, Pars prima, p. 559).
Il "sì" della Vergine all’annuncio dell’Angelo si colloca nel concreto della nostra condizione terrena, in umile ossequio alla volontà divina di salvare l’umanità non dalla storia, ma nella storia. In effetti, preservata immune da ogni macchia di peccato originale, la "nuova Eva" ha beneficiato in modo singolare dell’opera di Cristo quale perfettissimo Mediatore e Redentore. Redenta per prima dal suo Figlio, partecipe in pienezza della sua santità, Essa è già ciò che tutta la Chiesa desidera e spera di essere. E’ l’icona escatologica della Chiesa.
Per questo l’Immacolata, che segna "l’inizio della Chiesa, sposa di Cristo senza macchia e senza ruga, splendente di bellezza" (Prefazio), precede sempre il Popolo di Dio, nel pellegrinaggio della fede verso il Regno dei cieli (cfr Lumen gentium, 58; Enc. Redemptoris Mater, 2).
Nella concezione immacolata di Maria la Chiesa vede proiettarsi, anticipata nel suo membro più nobile, la grazia salvatrice della Pasqua.
Nell’evento dell’Incarnazione incontra indissolubilmente congiunti il Figlio e la Madre: "colui che è suo Signore e suo capo e colei che, pronunciando il primo fiat della Nuova Alleanza, prefigura la sua condizione di sposa e di madre" (Redemptoris Mater, 1).
A Te, Vergine Immacolata, da Dio predestinata sopra ogni altra creatura quale avvocata di grazia e modello di santità per il suo popolo, rinnovo quest’oggi in modo speciale l’affidamento di tutta la Chiesa.
Sii Tu a guidare i suoi figli nella peregrinazione della fede, rendendoli sempre più obbedienti e fedeli alla Parola di Dio.
Sii Tu ad accompagnare ogni cristiano nel cammino della conversione e della santità, nella lotta contro il peccato e nella ricerca della vera bellezza, che è sempre impronta e riflesso della Bellezza divina.
Sii Tu, ancora, ad ottenere pace e salvezza per tutte le genti. L’eterno Padre, che Ti ha voluta Madre immacolata del Redentore, rinnovi anche nel nostro tempo, per mezzo tuo, i prodigi del suo amore misericordioso.
Proseguiamo il nostro viaggio tra le preghiere, con una meravigliosa preghiera alla Madonna. Della liturgia della Chiesa latina l'enciclica "Ad coeli reginam" ricorda l'antica e dolcissima preghiera: "Salve, Regina", attuale in ogni tempo e popolare nell'accezione più bella del termine.
Questa preghiera può essere anche un bellissimo canto, di seguito ne riportiamo il testo in italiano e latino e le due versioni cantate:
Salve, Regina, Madre di misericordia;
vita, dolcezza e speranza nostra, salve.
A Te ricorriamo, noi esuli figli di Eva;
a Te sospiriamo, gementi e piangenti
in questa valle di lacrime.
Orsù dunque, avvocata nostra,
rivolgi a noi quegli gli occhi
tuoi misericordiosi.
E mostraci, dopo questo esilio, Gesù,
il frutto benedetto del Tuo seno.
O clemente, o pia,
o dolce Vergine Maria!
Salve, Regina, Mater misericordiae,
vita, dulcedo, et spes nostra, salve.
Ad te clamamus, exsules filii Evae,
ad te suspiramus, gementes et flentes
in hac lacrimarum valle.
Eia ergo, advocata nostra, illos tuos
misericordes oculos ad nos converte.
Et Jesum, benedictum fructum ventris tui,
nobis, post hoc exilium, ostende.
O clemens, O pia, O dulcis Virgo Maria.
La storia
Per quanto si sia cercato, non si è ancora riusciti a individuarne l'autore. Si è pensato al vescovo spagnolo Pietro Martinez (+ 1000), al vescovo francese Ademaro (+ 1098), uno dei capi della prima crociata, all'italiano Anselmo di Lucca (+ 1086), al monaco tedesco benedettino Ermanno Contratto (+ 1054), ma senza arrivare a una certezza.
Non si esclude che più di uno abbia messo mano a perfezionare questa preghiera. Si dice, per esempio, che quelle che sono oggi le parole di chiusura siano di san Bernardo che le avrebbe pronunziate la vigilia del Natale 1146 nel Duomo di Spira (Germania) rispondendo, in qualità di Delegato Apostolico, al popolo che lo aveva acclamato con il canto della "Salve, Regina" e facendo tre genuflessioni là dove poi sono state poste in ricordo tre lastre di bronzo. Pare anche che la parola iniziale "Madre" sia stata inserita da san Carlo di Bloiss (s,h 1364).
E' accertato comunque che la copia di "Salve, Regina" più antica è del secolo undicesimo ed è dell'abbazia benedettina di Reichenau (presso il lago di Costanza).
Grazie a san Bernardo (+ 1153) e all'abate Pietro il Venerabile (+ 1156) la preghiera si diffuse nei monasteri dei diversi Ordini Religiosi del medioevo, e poi anche in mezzo ai fedeli. Pare che la preghiera dovesse servire ai crociati. Papa Giovanni XXII (+ 1334) concesse alla recita della "Salve, Regina" l'indulgenza di quaranta giorni. Si usava dirla la sera, immancabilmente il sabato sera, anzi in chiesa era una cerimonia a sé stante. Precisamente in occasione di questa cerimonia nasceva già dal 1600 l'abitudine di dare la benedizione del Santissimo Sacramento mostrando ai fedeli l'Ostia consacrata, in risposta alle parole che chiedono a Maria di mostrarci Gesù.
E' anche certo che venivano rilasciate notevoli somme di denaro perché questa funzione, recita della "Salve, Regina" e benedizione con l'Ostia, venisse introdotta nelle diverse chiese.
Per quanto pochi e fiacchi, non mancarono i nemici della "Salve, Regina". "I protestanti nel 1500 e i giansenisti nel 1600 insorsero contro di essa per togliere, per esempio, la parola "vita" applicata alla Madonna ritenendola troppo contraria al prestigio di Cristo. Arrivarono a dire che era peccato mortale recitare la "Salve, Regina".
Si oppose a loro una associazione che si proponeva non solo di difendere ma anche di diffondere il più possibile la preghiera, all'insegna del versetto rivolto alla Madonna: "Degnami di lodarti". San Pier Canisio (+ 1597) e sant'Alfonso Maria dei Liguori (+ 1787) scrissero dotti e fervorosi commenti alla "Salve, Regina", anzi su di essa sant'Alfonso compose la parte principale della sua opera "Le glorie di Maria".
Anche valenti musicisti misero in note la "Salve Regina": basti ricordare Pergolesi (+ 1736), Coccia (4 1873), Verdi (+ 1901), Perosi (+ 1956).
Ancora oggi, come da almeno sei secoli, l'uso di questa preghiera e universale in tutta la Chiesa. Anche oggi, per esempio, conclude la recita del Rosario.
La composizione
Sono riconoscibili nella "Salve, Regina" tre parti che si possono distinguere come introduzione, corpo e conclusione.
L'introduzione: è nelle parole: "Salve, Regina, Madre di misericordia, vita, dolcezza e speranza nostra, salve". La prima parola "Salve" indica un saluto, un augurio, un compiacimento, un omaggio; e richiama istintivamente alla memoria l'iniziale Ave che annuncia l'Ave Maria.
La seconda parola "Regina" è il titolo che la preghiera vuol mettere in evidenza. E ciò è tanto più significativo quanto più si pensa che era citato sì ma non studiato, nel tempo in cui nasceva questa preghiera.
La terza parola o meglio espressione "Madre di misericordia" preannuncia già i motivi che saranno sviluppati nelle invocazioni seguenti. Dopo la considerazione della regalità segnata dal termine precedente potrebbe, nascere nell'animo un certo senso di soggezione, e perciò ecco; subito a dissiparlo la precisazione consolante di Madre e Madre di misericordia riferita alla Regina. Non si pensa più a una Donna seduta in trono e incoronata di gemme, ma stringente al seno un bambino.
Incalzano poi le parole: "vita, dolcezza e speranza nostra". Tre sostantivi carichi di significati, il più forte dei quali è messo al primo posto come per sottolineare l'urgenza del sentimento più sentito e più meritevole di essere espresso: cioè non si può vivere senza Maria, come non si vive senza aria, senza sangue, senza respiro. E quel possessivo "nostra" ancor più carico di affetti! Chi prega non è uno solo; anche se prega da solo, è con tutti come tutti sono con lui. Siamo una famiglia sola davanti a Maria: fratelli tra noi e figli dinanzi alla medesima Madre. Da Lei la dolcezza, in Lei la speranza. Torna in mente il "nostro" che Gesù ha legato al "Padre" nella preghiera da Lui insegnataci.
L'ultima parola è quella usata per prima: "Salve" come per riaffermare la gioia dell'incontro già avvenuto con Maria attraverso la preghiera e più sentita man mano che passa il tempo.
Insomma questa introduzione sembra uno squillo di tromba risuonante a gloria già. nella seconda parola "Regina" e pur placantesi in tenerezza; nella terz'ultima parola "speranza", uno squillo aperto e chiuso con la medesima nota. Il corpo: della preghiera comprende due parti: una costatazione e una domanda.
La costatazionedice alla Regina: "A Te ricorriamo, esuli figli di Eva; a Te sospiriamo, gementi e piangenti in questa valle di lacrime". Con queste parole esprimiamo due concetti: lo slancio della nostra fiducia in Lei, "A Te ricorriamo", e i titoli della nostra miseria, "esuli ... gementi e piangenti". Confessiamo cioè il nostro stato di bisogno e di dolore nelle due manifestazioni più pietose e più capaci di attirare misericordia: l'esilio e il pianto. Dimostrando così un senso molto umano e una concretezza molto realistica; dettatici dalla lunga triste esperienza, riconosciamo la nostra vera situazione e apriamo nel migliore dei modi la via alla domanda che dobbiamo rivolgere alla Regina.
La domanda chiede: "Orsù dunque, avvocata nostra, rivolgi a noi quegli occhi tuoi misericordiosi e mostraci - dopo questo esilio Gesù, il frutto benedetto del tua seno". Nominiamo a questo punto – quello che ci preme più di tutto - non più la Regina e nemmeno la Madre di misericordia, ma l'Avvocata. E’ il terzo titolo nel breve volgere di poche parole alla medesima Persona, vero come gli altri due. L'Avvocata è quella che difende gli accusati. E gli accusati siamo noi. Non abbiamo avuto il coraggio di dirlo prima. Prima ci è sembrato sufficiente dire solo quanto siamo miserabili per il fatto di essere gementi e piangenti. Ma c’è di peggio. Siamo anche accusati. Accusati perchè colpevoli. Accusati, dalla giustizia del Re, colpevoli di troppi peccati. Non osiamo dirlo esplicitamente, ma Lei l'ha già capito. Ci difenda adesso concedendoci due grazie:
La prima è: "Rivolgi a noi quegli occhi tuoi misericordiosi". Si, gli occhi! I suoi occhi. Occhi come i nostri. Quelli vedono e sanano. Ci bastano. D'altronde non meritiamo di più. E a Lei non occorre che si parli o si muova. E' così potente che basta il suo sguardo a ottenere quello che vuole.
La seconda grazia è: "Mostraci dopo questo esilio Gesù, il frutto benedetto del tuo seno". Quale balzo in avanti, fin dentro l'eternità che verrà dopo questo esilio, fino a Gesù, che è il frutto del suo seno e dev'essere il frutto della nostra conversione! Un balzo, di colpo! Si vede che la fiducia è aumentata in chi prega. Un balzo da fare con Lei perchè riesca. E Lei ci mostrerà il suo Gesù, come già ai pastori, ai magi, a Simeone, ad Anna.
Questo corpo della preghiera non continua io squillo di tromba suonato nell'introduzione, ma si estende più lungamente come un sommesso singhiozzo. E' ovvia la differenza. L'introduzione era tutta rivolta alla Regina e non poteva essere che festa, mentre il corpo è diretto quasi tutto a noi e non può essere che lutto. Un lutto però raddolcito dal riflesso che si sprigiona dall'Avvocata e dà il tono alle ultime invocazioni.
La conclusione è tutta in cinque parole: "O clemente, o pia, o dolce Vergine, Maria", e in un crescendo continuo di valori. Si parla di nuovo di Lei, e solo di Lei, e ritorna la festa. E la chiusura in bellezza; l'ovazione finale, l'entusiasmo portato al massimo in quel "Vergine" aggiunto al "Madre" detto poco prima, per ricordare le due possibili grandezze della donna riunire eccezzionalmente in questa Regina che si sta pregando e solo in Lei; ed entusiasmo esplodente, nell'ultima parola: un nome mai detto prima, sebbene sembrasse il primo da doversi dire, e ora messo qui a suggello della preghiera; nome proprio di Persona, nome che dice tutto: Maria. La Regina è Maria.
Le caratteristiche
La "Salve, Regina", pur chiamando la Madonna con il titolo regale, non si preoccupa affatto di spiegarlo, ma insinua dolcemente questo pensiero: Maria è Regina non perchè si goda da sola la sua grandezza, ma perchè la metta tutta a nostro servizio. E' un pensiero cristiano che la Madonna è la prima ad accettare, perchè vuole veramente usare della sua autorità soltanto per il nostro bene.
Confrontata con l'Ave Maria, alla cui composizione hanno collaborato cielo e terra, cioè l'Angelo Gabriele, santa Elisabetta e la Chiesa, la "Salve, Regina" è certamente meno teologica ma, in compenso, è più umana perchè più vibrante di esperienza terrena, più proporzionata alle varie situazioni della vita, più vicina ai bisogni del cuore. Per questo è tanto popolare, nonostante che sia più lunga dell'Ave Maria e meno facile da ritenere a memoria.
E' gustata sopratutto come preghiera della sera, cioè del tempo più raccolto e più religioso della giornata, per quel senso di commozione e di speranza che circola nelle sue invocazioni.
E si presta ad essere cantata. Non è vera poesia, ma ha con il suo ritmo un andamento sinceramente poetico. - Era cantata di sera, nei secoli passati, dai marinai; oggi è cantata dai benedettini, cistercensi, carmelitani, trappisti, domenicani e altri, come ultima preghiera della giornata. Ed è un rito solenne. Il canto comincia in chiesa, prosegue lungo i corridoi del convento e termina nelle celle dei monaci.
Quei cento carmelitani che furono uccisi dai saraceni sul monte Carmelo nel 1291, affrontarono il martirio cantando la "Salve, Regina".
San Vincenzo de' Paoli ( + 1660) determinò la conversione del suo padrone, a Nizza, con il canto di questa preghiera.
Nell'Ordine Domenicano si canta la "Salve, Regina" ad ogni frate che muore.