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Vangelo Mc 13,33-37 Vegliate: non sapete quando il padrone di casa ritornerà.
+Dal Vangelo secondo Marco In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all'improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!». Parola del Signore
LETTURE
Prima Lettura Is 63,16b-17.19b; 64,2-7 Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Dal libro del profeta Isaìa
Tu, Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore. Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, cosi che non ti tema? Ritorna per amore dei tuoi servi, per amore delle tribù, tua eredità. Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti. Quando tu compivi cose terribili che non attendevamo, tu scendesti e davanti a te sussultarono i monti. Mai si udì parlare da tempi lontani, orecchio non ha sentito, occhio non ha visto che un Dio, fuori di te, abbia fatto tanto per chi confida in lui. Tu vai incontro a quelli che praticano con gioia la giustizia e si ricordano delle tue vie. Ecco, tu sei adirato perché abbiamo peccato contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli. Siamo divenuti tutti come una cosa impura, e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia; tutti siamo avvizziti come foglie, le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento. Nessuno invocava il tuo nome, nessuno si risvegliava per stringersi a te; perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto, ci avevi messo in balìa della nostra iniquità. Ma, Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani.
Parola di Dio
Salmo dal Sal 79 (80) R. Signore, fa' splendere il tuo volto e noi saremo salvi. Tu, pastore d'Israele, ascolta, seduto sui cherubini, risplendi. Risveglia la tua potenza e vieni a salvarci. R. Dio degli eserciti, ritorna! Guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna, proteggi quello che la tua destra ha piantato, il figlio dell'uomo che per te hai reso forte. R. Sia la tua mano sull'uomo della tua destra, sul figlio dell'uomo che per te hai reso forte. Da te mai più ci allontaneremo, facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome. R.
Seconda Lettura 1Cor 1,3-9 Aspettiamo la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo. Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo! Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza. La testimonianza di Cristo si è stabilita tra voi così saldamente che non manca più alcun carisma a voi, che aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo. Egli vi renderà saldi sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione con il Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!
Parola di Dio
- Medjugorje - Messaggio a Marija del 25 Novembre 2014
"Cari figli! Oggi in modo particolare vi invito alla preghiera. Pregate, figlioli, per comprendere chi siete e dove dovete andare. Siate portatori della Buona Novella e uomini di speranza. Siate amore per tutti coloro che sono senza amore. Figlioli, sarete tutto e realizzerete tutto soltanto se pregate e se siete aperti alla volontà di Dio, Dio che desidera guidarvi verso la vita eterna. Io sono con voi e di giorno in giorno intercedo per voi davanti a mio Figlio Gesù. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.”
Per approfondimenti e commenti al messaggio vi invito come sempre a visitare il sito di Radio Maria.
benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!
Alleuia.
Vangelo Mt 25,31-46 Siederà sul trono della sua gloria e separerà gli uni dagli altri.
Giudizio Universale
+Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?. E il re risponderà loro: In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?. Allora egli risponderà loro: In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l'avete fatto a me. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna». Parola del Signore
LETTURE
Prima Lettura Ez 34,11-12.15-17 Voi siete mio gregge, io giudicherò tra pecora e pecora. +Dal libro del profeta Ezechièle
Così dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna. Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine. Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all'ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia. A te, mio gregge, così dice il Signore Dio: Ecco, io giudicherò fra pecora e pecora, fra montoni e capri.
Parola di Dio
Salmo Dal Sal 22 (23) R. Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.
Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare. Ad acque tranquille mi conduce. R. Rinfranca l'anima mia, mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome. R. Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici. Ungi di olio il mio capo; il mio calice trabocca. R. Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella casa del Signore per lunghi giorni. R. Seconda Lettura 1Cor 15,20-26.28 Consegnerà il regno a Dio Padre, perché Dio sia tutto in tutti.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L'ultimo nemico a essere annientato sarà la morte. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anch'egli, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti.
Un grande dono del Concilio Vaticano II è stato quello di aver recuperato una visione di Chiesa fondata sulla comunione, e di aver ricompreso anche il principio dell’autorità e della gerarchia in tale prospettiva. Questo ci ha aiutato a capire meglio che tutti i cristiani, in quanto battezzati, hanno uguale dignità davanti al Signore e sono accomunati dalla stessa vocazione, che è quella alla santità (cfr Cost. Lumen gentium, 39-42). Ora ci domandiamo: in che cosa consiste questa vocazione universale ad essere santi? E come possiamo realizzarla?
1. Innanzitutto dobbiamo avere ben presente che la santità non è qualcosa che ci procuriamo noi, che otteniamo noi con le nostre qualità e le nostre capacità. La santità è un dono, è il dono che ci fa il Signore Gesù, quando ci prende con sé e ci riveste di se stesso, ci rende come Lui. Nella Lettera agli Efesini, l’apostolo Paolo afferma che «Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa» (Ef 5,25-26). Ecco, davvero la santità è il volto più bello della Chiesa, il volto più bello: è riscoprirsi in comunione con Dio, nella pienezza della sua vita e del suo amore. Si capisce, allora, che la santità non è una prerogativa soltanto di alcuni: la santità è un dono che viene offerto a tutti, nessuno escluso, per cui costituisce il carattere distintivo di ogni cristiano.
2. Tutto questo ci fa comprendere che, per essere santi, non bisogna per forza essere vescovi, preti o religiosi: no, tutti siamo chiamati a diventare santi! Tante volte, poi, siamo tentati di pensare che la santità sia riservata soltanto a coloro che hanno la possibilità di staccarsi dalle faccende ordinarie, per dedicarsi esclusivamente alla preghiera. Ma non è così! Qualcuno pensa che la santità è chiudere gli occhi e fare la faccia da immaginetta. No! Non è questo la santità! La santità è qualcosa di più grande, di più profondo che ci dà Dio. Anzi, è proprio vivendo con amore e offrendo la propria testimonianza cristiana nelle occupazioni di ogni giorno che siamo chiamati a diventare santi. E ciascuno nelle condizioni e nello stato di vita in cui si trova. Ma tu sei consacrato, sei consacrata? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione e il tuo ministero. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un battezzato non sposato? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro e offrendo del tempo al servizio dei fratelli. “Ma, padre, io lavoro in una fabbrica; io lavoro come ragioniere, sempre con i numeri, ma lì non si può essere santo…” – “Sì, si può! Lì dove tu lavori tu puoi diventare santo. Dio ti dà la grazia di diventare santo. Dio si comunica a te”. Sempre in ogni posto si può diventare santo, cioè ci si può aprire a questa grazia che ci lavora dentro e ci porta alla santità. Sei genitore o nonno? Sii santo insegnando con passione ai figli o ai nipoti a conoscere e a seguire Gesù. E ci vuole tanta pazienza per questo, per essere un buon genitore, un buon nonno, una buona madre, una buona nonna, ci vuole tanta pazienza e in questa pazienza viene la santità: esercitando la pazienza. Sei catechista, educatore o volontario? Sii santo diventando segno visibile dell’amore di Dio e della sua presenza accanto a noi. Ecco: ogni stato di vita porta alla santità, sempre! A casa tua, sulla strada, al lavoro, in Chiesa, in quel momento e nel tuo stato di vita è stata aperta la strada verso la santità. Non scoraggiatevi di andare su questa strada. E’ proprio Dio che ci dà la grazia. Solo questo chiede il Signore: che noi siamo in comunione con Lui e al servizio dei fratelli.
3. A questo punto, ciascuno di noi può fare un po’ di esame di coscienza, adesso possiamo farlo, ognuno risponde a se stesso, dentro, in silenzio: come abbiamo risposto finora alla chiamata del Signore alla santità? Ho voglia di diventare un po’ migliore, di essere più cristiano, più cristiana? Questa è la strada della santità. Quando il Signore ci invita a diventare santi, non ci chiama a qualcosa di pesante, di triste… Tutt’altro! È l’invito a condividere la sua gioia, a vivere e a offrire con gioia ogni momento della nostra vita, facendolo diventare allo stesso tempo un dono d’amore per le persone che ci stanno accanto. Se comprendiamo questo, tutto cambia e acquista un significato nuovo, un significato bello, un significato a cominciare dalle piccole cose di ogni giorno. Un esempio. Una signora va al mercato a fare la spesa e trova una vicina e incominciano a parlare e poi vengono le chiacchiere e questa signora dice: “No, no, no io non sparlerò di nessuno.” Questo è un passo verso la santità, ti aiuta a diventare più santo. Poi, a casa tua, il figlio ti chiede di parlare un po’ delle sue cose fantasiose: “Oh, sono tanto stanco, ho lavorato tanto oggi…” – “Ma tu accomodati e ascolta tuo figlio, che ha bisogno!”. E tu ti accomodi, lo ascolti con pazienza: questo è un passo verso la santità. Poi finisce la giornata, siamo tutti stanchi, ma c’è la preghiera. Facciamo la preghiera: anche questo è un passo verso la santità. Poi arriva la domenica e andiamo a Messa, facciamo la comunione, a volte preceduta da una bella confessione che ci pulisca un po’. Questo è un passo verso la santità. Poi pensiamo alla Madonna, tanto buona, tanto bella, e prendiamo il rosario e la preghiamo. Questo è un passo verso la santità. Poi vado per strada, vedo un povero un bisognoso, mi fermo gli domando, gli do qualcosa: è un passo alla santità. Sono piccole cose, ma tanti piccoli passi verso la santità. Ogni passo verso la santità ci renderà delle persone migliori, libere dall’egoismo e dalla chiusura in se stesse, e aperte ai fratelli e alle loro necessità.
Cari amici, nella Prima Lettera di san Pietro ci viene rivolta questa esortazione: «Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio. Chi parla, lo faccia come con parole di Dio; chi esercita un ufficio, lo compia con l’energia ricevuta da Dio, perché in tutto venga glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo» (4,10-11). Ecco l’invito alla santità! Accogliamolo con gioia, e sosteniamoci gli uni gli altri, perché il cammino verso la santità non si percorre da soli, ognuno per conto proprio, ma si percorre insieme, in quell’unico corpo che è la Chiesa, amata e resa santa dal Signore Gesù Cristo. Andiamo avanti con coraggio, in questa strada della santità.
Abbiamo evidenziato nella catechesi precedente come il Signore continui a pascere il suo gregge attraverso il ministero dei vescovi, coadiuvati dai presbiteri e dai diaconi. È in loro che Gesù si rende presente, nella potenza del suo Spirito, e continua a servire la Chiesa, alimentando in essa la fede, la speranza e la testimonianza della carità. Questi ministeri costituiscono, quindi, un dono grande del Signore per ogni comunità cristiana e per la Chiesa intera, in quanto sono un segno vivo della sua presenza e del suo amore.
Oggi vogliamo domandarci: che cosa viene richiesto a questi ministri della Chiesa, perché possano vivere in modo autentico e fecondo il proprio servizio?
1. Nelle “Lettere pastorali” inviate ai suoi discepoli Timoteo e Tito, l’apostolo Paolo si sofferma con cura sulla figura dei vescovi, dei presbiteri e dei diaconi, - anche sulla figura dei fedeli, degli anziani, dei giovani. Si sofferma in una descrizione di ogni cristiano nella Chiesa, delineando per i vescovi, i presbiteri e i diaconi, ciò a cui essi sono chiamati e le prerogative che devono essere riconosciute in coloro che vengono scelti e investiti di questi ministeri. Ora, è emblematico come, insieme alle doti inerenti la fede e la vita spirituale - che non possono essere trascurate, perché sono la vita stessa -, vengano elencate alcune qualità squisitamente umane: l’accoglienza, la sobrietà, la pazienza, la mitezza, l’affidabilità, la bontà di cuore. E’ questo l’alfabeto, la grammatica di base di ogni ministero! Deve essere la grammatica di base di ogni vescovo, di ogni prete, di ogni diacono. Sì, perché senza questa predisposizione bella e genuina a incontrare, a conoscere, a dialogare, ad apprezzare e a relazionarsi con i fratelli in modo rispettoso e sincero, non è possibile offrire un servizio e una testimonianza davvero gioiosi e credibili.
2. C’è poi un atteggiamento di fondo che Paolo raccomanda ai suoi discepoli e, di conseguenza, a tutti coloro che vengono investiti del ministero pastorale, siano essi vescovi, sacerdoti, presbiteri o diaconi. L’apostolo esorta a ravvivare continuamente il dono che è stato ricevuto (cfr 1 Tm 4,14; 2 Tm 1,6). Questo significa che deve essere sempre viva la consapevolezza che non si è vescovi, sacerdoti o diaconi perché si è più intelligenti, più bravi e migliori degli altri, ma solo in forza di un dono, un dono d’amore elargito da Dio, nella potenza del suo Spirito, per il bene del suo popolo. Questa consapevolezza è davvero importante e costituisce una grazia da chiedere ogni giorno! Infatti, un Pastore che è cosciente che il proprio ministero scaturisce unicamente dalla misericordia e dal cuore di Dio non potrà mai assumere un atteggiamento autoritario, come se tutti fossero ai suoi piedi e la comunità fosse la sua proprietà, il suo regno personale.
3. La consapevolezza che tutto è dono, tutto è grazia, aiuta un Pastore anche a non cadere nella tentazione di porsi al centro dell’attenzione e di confidare soltanto in se stesso. Sono le tentazioni della vanità, dell’orgoglio, della sufficienza, della superbia. Guai se un vescovo, un sacerdote o un diacono pensassero di sapere tutto, di avere sempre la risposta giusta per ogni cosa e di non avere bisogno di nessuno. Al contrario, la coscienza di essere lui per primo oggetto della misericordia e della compassione di Dio deve portare un ministro della Chiesa ad essere sempre umile e comprensivo nei confronti degli altri. Pur nella consapevolezza di essere chiamato a custodire con coraggio il deposito della fede (cfr 1 Tm 6,20), egli si metterà in ascolto della gente. E’ cosciente, infatti, di avere sempre qualcosa da imparare, anche da coloro che possono essere ancora lontani dalla fede e dalla Chiesa. Con i propri confratelli, poi, tutto questo deve portare ad assumere un atteggiamento nuovo, improntato alla condivisione, alla corresponsabilità e alla comunione.
Cari amici, dobbiamo essere sempre grati al Signore, perché nella persona e nel ministero dei vescovi, dei sacerdoti e dei diaconi continua a guidare e a formare la sua Chiesa, facendola crescere lungo la via della santità. Allo stesso tempo, dobbiamo continuare a pregare, perché i Pastori delle nostre comunità possano essere immagine viva della comunione e dell’amore di Dio.
Vangelo Mt 25,14-30 Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone.
+Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due. Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo. Il padrone gli rispose: Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti».
Parola del Signore.
LETTURE
Prima Lettura Pr 31,10-13.19-20.30-31 La donna perfetta lavora volentieri con le sue mani.
Dal libro dei Proverbi
Una donna forte chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore. In lei confida il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto. Gli dà felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita. Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani. Stende la sua mano alla conocchia e le sue dita tengono il fuso. Apre le sue palme al misero, stende la mano al povero. Illusorio è il fascino e fugace la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare. Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani e le sue opere la lodino alle porte della città.
Parola di Dio
Salmo Dal Sal 127 (128) R. Beato chi teme il Signore.
Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue vie. Della fatica delle tue mani ti nutrirai, sarai felice e avrai ogni bene. R. La tua sposa come vite feconda nell'intimità della tua casa; i tuoi figli come virgulti d'ulivo intorno alla tua mensa. R. Ecco com'è benedetto l'uomo che teme il Signore. Ti benedica il Signore da Sion. Possa tu vedere il bene di Gerusalemme tutti i giorni della tua vita! R.
Seconda Lettura 1Ts 5,1-6 Non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési
Riguardo ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte. E quando la gente dirà: «C'è pace e sicurezza!», allora d'improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire. Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri.
Abbiamo sentito le cose che l’apostolo Paolo dice al vescovo Tito. Ma quante virtù dobbiamo avere, noi vescovi? Abbiamo sentito tutti, no? Non è facile, non è facile, perché noi siamo peccatori. Ma ci affidiamo alla vostra preghiera, perché almeno ci avviciniamo a queste cose che l’apostolo Paolo consiglia a tutti i vescovi. D’accordo? Pregherete per noi?
Abbiamo già avuto modo di sottolineare, nelle catechesi precedenti, come lo Spirito Santo ricolmi sempre la Chiesa dei suoi doni, con abbondanza. Ora, nella potenza e nella grazia del suo Spirito, Cristo non manca di suscitare dei ministeri, al fine di edificare le comunità cristiane come suo corpo. Tra questi ministeri, si distingue quello episcopale. Nel Vescovo, coadiuvato dai Presbiteri e dai Diaconi, è Cristo stesso che si rende presente e che continua a prendersi cura della sua Chiesa, assicurando la sua protezione e la sua guida.
1. Nella presenza e nel ministero dei Vescovi, dei Presbiteri e dei Diaconi possiamo riconoscere il vero volto della Chiesa: è la Santa Madre Chiesa Gerarchica. E davvero, attraverso questi fratelli scelti dal Signore e consacrati con il sacramento dell’Ordine, la Chiesa esercita la sua maternità: ci genera nel Battesimo come cristiani, facendoci rinascere in Cristo; veglia sulla nostra crescita nella fede; ci accompagna fra le braccia del Padre, per ricevere il suo perdono; prepara per noi la mensa eucaristica, dove ci nutre con la Parola di Dio e il Corpo e il Sangue di Gesù; invoca su di noi la benedizione di Dio e la forza del suo Spirito, sostenendoci per tutto il corso della nostra vita e avvolgendoci della sua tenerezza e del suo calore, soprattutto nei momenti più delicati della prova, della sofferenza e della morte.
2. Questa maternità della Chiesa si esprime in particolare nella persona del Vescovo e nel suo ministero. Infatti, come Gesù ha scelto gli Apostoli e li ha inviati ad annunciare il Vangelo e a pascere il suo gregge, così i Vescovi, loro successori, sono posti a capo delle comunità cristiane, come garanti della loro fede e come segno vivo della presenza del Signore in mezzo a loro. Comprendiamo, quindi, che non si tratta di una posizione di prestigio, di una carica onorifica. L’episcopato non è un’onorificenza, è un servizio. Gesù l’ha voluto così. Non dev’esserci posto nella Chiesa per la mentalità mondana. La mentalità mondana dice: “Quest’uomo ha fatto la carriera ecclesiastica, è diventato vescovo”. No, no, nella Chiesa non deve esserci posto per questa mentalità. L’episcopato è un servizio, non un’onorificenza per vantarsi. Essere Vescovi vuol dire tenere sempre davanti agli occhi l’esempio di Gesù che, come Buon Pastore, è venuto non per essere servito, ma per servire (cfr Mt 20,28; Mc 10,45) e per dare la sua vita per le sue pecore (cfr Gv 10,11). I santi Vescovi – e sono tanti nella storia della Chiesa, tanti vescovi santi – ci mostrano che questo ministero non si cerca, non si chiede, non si compra, ma si accoglie in obbedienza, non per elevarsi, ma per abbassarsi, come Gesù che «umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce» (Fil 2,8). E’ triste quando si vede un uomo che cerca questo ufficio e che fa tante cose per arrivare là e quando arriva là non serve, si pavoneggia, vive soltanto per la sua vanità.
3. C’è un altro elemento prezioso, che merita di essere messo in evidenza. Quando Gesù ha scelto e chiamato gli Apostoli, li ha pensati non separati l’uno dall’altro, ognuno per conto proprio, ma insieme, perché stessero con Lui, uniti, come una sola famiglia. Anche i Vescovi costituiscono un unico collegio, raccolto attorno al Papa, il quale è custode e garante di questa profonda comunione, che stava tanto a cuore a Gesù e ai suoi stessi Apostoli. Com’è bello, allora, quando i Vescovi, con il Papa, esprimono questa collegialità e cercano di essere sempre più e meglio servitori dei fedeli, più servitori nella Chiesa! Lo abbiamo sperimentato recentemente nell’Assemblea del Sinodo sulla famiglia. Ma pensiamo a tutti i Vescovi sparsi nel mondo che, pur vivendo in località, culture, sensibilità e tradizioni differenti e lontane tra loro, da una parte all’altra – un vescovo mi diceva l’altro giorno che per arrivare a Roma erano necessarie, da dove lui era, più di 30 ore di aereo – si sentono parte l’uno dell’altro e diventano espressione del legame intimo, in Cristo, tra le loro comunità. E nella comune preghiera ecclesiale tutti i Vescovi si pongono insieme in ascolto del Signore e dello Spirito, potendo così porre attenzione in profondità all’uomo e ai segni dei tempi (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Gaudium et spes, 4).
Cari amici, tutto questo ci fa comprendere perché le comunità cristiane riconoscono nel Vescovo un dono grande, e sono chiamate ad alimentare una sincera e profonda comunione con lui, a partire dai presbiteri e dai diaconi. Non c’è una Chiesa sana se i fedeli, i diaconi e i presbiteri non sono uniti al vescovo. Questa Chiesa non unita al vescovo è una Chiesa ammalata. Gesù ha voluto questa unione di tutti i fedeli col vescovo, anche dei diaconi e dei presbiteri. E questo lo fanno nella consapevolezza che è proprio nel Vescovo che si rende visibile il legame di ciascuna Chiesa con gli Apostoli e con tutte le altre comunità, unite con i loro Vescovi e il Papa nell’unica Chiesa del Signore Gesù, che è la nostra Santa Madre Chiesa Gerarchica. Grazie.
Messaggio di Medjugorje a Vicka - Palestrina 9 Novembre 2014 -
«Cari figli ho ancora da darvi tanti messaggi, ma intanto iniziate a vivere i messaggi che vi ho già dato! Aprite i vostri cuori e pregate per la Chiesa, La Chiesa è tanto bisognosa delle vostre preghiere. Andate nella Pace del Signore cari figli miei».
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Papa Francesco ha autorizzato venerdì scorso il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, a promulgare i decreti sulle virtù eroiche di otto Servi di Dio. Tra questi nuovi venerabili, anche la mistica Marthe Robin, di cui presentiamo un ritratto.
VITA DI MARTHE ROBIN
di Cristina Siccardi
Marthe Robin nacque a Châteauneuf-de-Galaure (Drôme), nel sud-est della Francia, il 13 marzo 1902, era sestogenita di Joseph Robin e Amélie-Célestine Chosson, modesti contadini, che la fecero battezzare il 5 aprile a Saint-Bonnet-de-Galaure.
La sua vita, fino ai 16 anni, scorre serena nella campagna. Ma, nel mese di novembre del 1918, mentre erano in atto i festeggiamenti per l'armistizio tra Francia e Germania, Marthe cadde a terra e non riuscì più ad alzarsi: fu l'inizio della sua misteriosa patologia, che venne diagnosticata come encefalite letargica, ma alcuni la definiranno «coma mistico».
Il coma durò fino al marzo-aprile del 1921, poi Marthe tornò lentamente a camminare, a lavorare all'uncinetto e, con l'aiuto del bastone, a sorvegliare gli animali della fattoria. Dopo qualche mese, tornò a peggiorare, perdendo la deambulazione, accusando forti dolori alla schiena e avendo pesanti problemi alla vista.
Dal 3 ottobre del 1926 si aggrava: ha continue emorragie e non ritiene più nulla nello stomaco. Riceve l’estrema unzione. Ma, proprio quando le speranze sembravano ormai finite, Marthe riceve l'apparizione di santa Teresina di Lisieux che le rivela di non essere giunta alla fine della sua vita, ma di dover assumere una precisa missione nel mondo.
Da questo momento Marthe Robin diventa pegno d’amore immolato per Gesù. Dal 1928 la paralisi colpisce tutto il corpo. Per 50 anni consecutivi non mangerà più e non berrà più; le verranno inumidite le labbra con acqua o caffè e nutrirà soltanto più l’anima con l’Eucaristia; tuttavia l’Ostia non veniva inghiottita, ma spariva letteralmente e inspiegabilmente tra le sue labbra e molte persone furono testimoni di questo inspiegabile fenomeno.
Il 2 febbraio 1929 perse anche l’uso delle mani e dovette imparare a scrivere servendosi della bocca.
Su di lei il filosofo cattolico Jean Guitton, accademico di Francia, scrisse il suo ultimo libro, Ritratto di Marthe Robin. Una mistica del nostro tempo (Paoline). Nell'Introduzione del libro di Jean-Jacques Antier (San Paolo) Guitton scrive: «Rassomigliava a una bambina, perfino nella voce. Era gaia più che gioiosa, la sua voce esile e bassa, il suo canto quello di un uccello. I suoi modi esprimevano l'essenza indefinibile della poesia». Inoltre: «Non aveva nessun talento, salvo, nella sua giovinezza, quello del ricamo. Al di là di qualsiasi cultura, al di là della povertà, si nutriva dell'aria, del tempo e dell'eternità. Perfino al di là del dolore. E tuttavia, subito presente a tutto e a tutti». «Mia moglie diceva: ''Altrove non ci sono che problemi, ma da lei non ci sono che soluzioni, perché si mette allo stesso tempo al centro del cielo e al centro della terra».
Nel 1930 Marthe vide Cristo, che le chiese: «Vuoi essere come me? ». Ed ella rispose: «Il mio io sei tu. La mia vita sia la riproduzione perfetta e incessante della tua vita». Il 1° ottobre, festa di santa Teresina di Lisieux, fu come una preparazione della passione in un vero tormento di sofferenze, di cui lascerà questa testimonianza: «Quanto mi avete fatto male. mio Dio! Vi amo! Abbiate pietà di me! ho male nell'anima, nel cuore, nel corpo; la mia povera testa sembra rotta. Non so più niente, se non soffrire. Sento in me una tale stanchezza; il dolore grida così forte. E non c'è nessuno, nessuno per aiutarmi! Sono all'estremo delle mie forze. Non finirà dunque mai il dolore quaggiù? Quando ha straziato il corpo e il cuore, strazia l'anima. Oh, mio Amore crocifisso! Voi m'insegnate giorno per giorno a dimenticarmi. Mio Dio, vi amo; abbiate pietà di me! Quando verrò, Dio mio, nella terra dei viventi? Gesù, sostenetemi! Ma io so. Per vincere bisogna saper soffrire. Il dolore è la leva che solleva la terra. [Perchè] il Dio che affligge è anche il Dio che consola. Non è un peso, ma piuttosto un altare. Niente è più bello davanti a Dio che l'oblazione di se stessi quando si soffre. Con tutta la mia anima dolente, con tutto il mio cuore straziato, il mio corpo torturato dalle sofferenze, gli occhi accecati dalle lacrime, bacio amorosamente la vostra mano, mio Dio».
Sempre nell’ottobre del 1930 Marthe riceve una nuova visione, questa volta di Cristo crocifisso. Egli prende le sue braccia paralizzate e gliele apre. Poi lei sente di nuovo: «Marthe, vuoi essere come me?». «Allora sentii un fuoco bruciante, talora esteriore, ma soprattutto interiore. Era un fuoco che usciva da Gesù. Esteriormente, lo vedevo come una luce che mi bruciava. Gesù mi chiese prima di tutto di offrire le mie mani. Mi sembrò che un dardo uscisse dal suo cuore e si dividesse in due raggi per trapassare uno la mano destra e l'altro la sinistra. Ma, nello stesso tempo, le mie mani erano trapassate, per così dire, dall'interno. Gesù m'invitò ancora a offrire i miei piedi. Lo feci all'istante, come, come per le mani, mettendo le gambe come Gesù sulla croce. Restarono in parte piegate, come quelle di Gesù. Come per le mani, un dardo, che partiva dal cuore di Gesù, dardo di fuoco dello stesso colore che per le mani, si divise in due a una certa distanza dal cuore di Gesù, pur restando unico nello sprigionarsi dal cuore. Quindi questo dardo era unico verso il cuore di Gesù e si divideva per colpire e attraversare nello stesso tempo i due piedi. La durata non si può precisare. Questo si verificò senza interruzioni». In seguito riceverà anche le ferite della corona di spine.
Da quel giorno Marthe rivivrà ogni venerdì la passione di Gesù. Il Signore promise di inviarle un sacerdote illuminato per aiutarla a realizzare la missione alla quale era destinata: creare dei luoghi di preghiera e carità destinati a diffondersi in tutto il mondo. Venne, tra gli altri, a visitarla il giovane abate Finet, che Marthe riconosce per averlo visto nelle sue visioni. Insieme a lui realizzerà i Foyers de charité, tutt’oggi presenti in tutto il mondo. Marthe aveva il dono del consiglio e quello di leggere nei cuori, grazie ai quali aiutò molte persone, laici e religiosi, a risolvere difficili questioni spirituali. Diede importanti consigli al Presidente de Gaulle, a cardinali, vescovi, filosofi e scienziati. Marthe riuscì a curare, attraverso l’intercessione della Madonna, molte persone. Quando ricevette le stigmate la gente iniziò ad arrivare numerosa da ogni parte della Francia per vederla. Talvolta incontrava più di 60 persone al giorno e nonostante le sue sofferenze manteneva la sua abituale giovialità e il suo sorriso mentre ascoltava, rasserenava, convertiva. Riceveva lettere da tutto il mondo, erano tutte richieste di aiuto da parte di persone di ogni età. Nel 1940, dopo un’offerta fatta al Signore, autorizzata da Padre Finet, sopraggiunse una quasi totale cecità, unita a una ipersensibilità alla luce che obbligava Marthe a vivere al buio. «Gesù mi ha chiesto gli occhi», diceva la mistica.
Jean Guitton andò da lei ben quaranta volte. Rimase colpito da questa umile contadina che malgrado non fosse mai uscita dalla sua fattoria sapeva illuminare e aiutare gente semplice e dotti uomini di cultura e di scienza.
Marthe aveva il dono della veggenza, conosceva le cose lontane e quelle future, aveva una infinita capacità di donare amore e prendere su di sé i mali altrui.
Vide per decenni, ogni settimana, la Madonna e tutti i venerdì, prima della fine della passione di Gesù che viveva sulla sua carne, la Santa Vergine le appariva ai piedi del divano. Inoltre versava lacrime di sangue ogni notte, una moltiplicazione misteriosa che accompagnerà la martire fino alla fine dei suoi giorni.
La morte la colse, completamente sola, il 6 febbraio 1981, il primo venerdì del mese. Venne trovata sdraiata per terra, in mezzo a tanti oggetti sparsi.
Dopo sette anni dalla sua morte iniziò il suo processo di beatificazione, conclusosi a livello diocesano nel 1996.
"Domenica 9 Novembre 2014 DEDICAZIONE DELLA BASILICA LATERANENSE"
Alleuia, alleuia.
Io mi sono scelto e ho consacrato questa casa
perchè il mio nome vi resti sempre.
Alleuia.
Vangelo Gv 2,13-22 Parlava del tempio del suo corpo.
+Dal Vangelo secondo Giovanni
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. Parola del Signore.
LETTURE
Prima Lettura Ez 47,1-2.8-9.12 Vidi l'acqua che usciva dal tempio, e a quanti giungeva quest'acqua portò salvezza.
Dal libro del profeta Ezechièle
In quei giorni, [un uomo, il cui aspetto era come di bronzo,] mi condusse all'ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, poiché la facciata del tempio era verso oriente. Quell'acqua scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell'altare. Mi condusse fuori dalla porta settentrionale e mi fece girare all'esterno, fino alla porta esterna rivolta a oriente, e vidi che l'acqua scaturiva dal lato destro. Mi disse: «Queste acque scorrono verso la regione orientale, scendono nell'Àraba ed entrano nel mare: sfociate nel mare, ne risanano le acque. Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il torrente, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché dove giungono quelle acque, risanano, e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Lungo il torrente, su una riva e sull'altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui foglie non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina».
Parola di Dio
Salmo Dal Sal 45 (46) R. Un fiume rallegra la città di Dio.
Dio è per noi rifugio e fortezza, aiuto infallibile si è mostrato nelle angosce. Perciò non temiamo se trema la terra, se vacillano i monti nel fondo del mare. R. Un fiume e i suoi canali rallegrano la città di Dio, la più santa delle dimore dell'Altissimo. Dio è in mezzo a essa: non potrà vacillare. Dio la soccorre allo spuntare dell'alba. R. Il Signore degli eserciti è con noi, nostro baluardo è il Dio di Giacobbe. Venite, vedete le opere del Signore, egli ha fatto cose tremende sulla terra. R.
Seconda Lettura 1Cor 3,9-11.16-17 Voi siete il tempio di Dio. Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, voi siete edificio di Dio. Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.
Il messaggio mensile dato alla veggente Mirjana “in particolare per coloro che non hanno ancora conosciuto l’amore di Dio”
Messaggio di Medjugorje a Mirjana - 2 Novembre 2014 -
«Cari figli, sono con voi con la benedizione di mio Figlio, con voi che mi amate e che cercate di seguirmi. Io desidero essere anche con voi, che non mi accogliete. A tutti voi apro il mio Cuore pieno d’amore e vi benedico con le mie mani materne. Sono una Madre che vi capisce: ho vissuto la vostra vita e ho provato le vostre sofferenze e gioie. Voi, che vivete il dolore, comprendete il mio dolore e la mia sofferenza per quei miei figli che non permettono che la luce di mio Figlio li illumini, per quei miei figli che vivono nelle tenebre. Per questo ho bisogno di voi, di voi che siete stati illuminati dalla luce e che avete compreso la verità. Vi invito ad adorare mio Figlio, affinché la vostra anima cresca e raggiunga una vera spiritualità. Apostoli miei, allora potrete aiutarmi. Aiutare me significa pregare per coloro che non hanno conosciuto l’amore di mio Figlio. Pregando per loro, voi mostrate a mio Figlio che lo amate e lo seguite. Mio Figlio mi ha promesso che il male non vincerà mai, perché qui ci siete voi, anime dei giusti: voi, che cercate di dire le vostre preghiere col cuore; voi, che offrite i vostri dolori e sofferenze a mio Figlio; voi, che comprendete che la vita è soltanto un battito di ciglia; voi, che anelate al Regno dei Cieli. Tutto ciò vi rende miei apostoli e vi conduce al trionfo del mio Cuore. Perciò, figli miei, purificate i vostri cuori ed adorate mio Figlio. Vi ringrazio!». La Madonna ha benedetto tutti i presenti e tutti gli oggetti di devozione portati perché venissero benedetti.
Per approfondimenti e commenti al messaggio vi invito come sempre a visitare il sito di Radio Maria.
Questa è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno, dice il Signore.
Alleuia.
Vangelo Gv 6,37-40 Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.
+Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno». Parola del Signore
LETTURE
Prima Lettura Gb 19,1.23-27a Io lo so che il mio redentore è vivo.
Dal libro di Giobbe
Rispondendo Giobbe prese a dire: «Oh, se le mie parole si scrivessero, se si fissassero in un libro, fossero impresse con stilo di ferro e con piombo, per sempre s'incidessero sulla roccia! Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro». Parola di Dio
Salmo Dal Salmo 26 Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi. Oppure. Il Signore è mia luce e mia salvezza.
Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore? Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò paura? R. Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del Signore e ammirare il suo santuario. R. Ascolta, Signore, la mia voce. Io grido: abbi pietà di me, rispondimi! Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto. R. Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi. Spera nel Signore, sii forte, si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore. R.
Seconda Lettura Rm 5,5-11 Giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui. Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, la speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui. Se infatti, quand'eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.
nelle catechesi precedenti abbiamo avuto modo di evidenziare come la Chiesa abbia una natura spirituale: è il corpo di Cristo, edificato nello Spirito Santo. Quando ci riferiamo alla Chiesa, però, immediatamente il pensiero va alle nostre comunità, alle nostre parrocchie, alle nostre diocesi, alle strutture nelle quali siamo soliti riunirci e, ovviamente, anche alla componente e alle figure più istituzionali che la reggono, che la governano. È questa la realtà visibile della Chiesa. Dobbiamo chiederci, allora: si tratta di due cose diverse o dell’unica Chiesa? E, se è sempre l’unica Chiesa, come possiamo intendere il rapporto tra la sua realtà visibile e quella spirituale?
1. Innanzitutto, quando parliamo della realtà visibile della Chiesa, non dobbiamo pensare solamente al Papa, ai Vescovi, ai preti, alle suore e a tutte le persone consacrate. La realtà visibile della Chiesa è costituita dai tanti fratelli e sorelle battezzati che nel mondo credono, sperano e amano. Ma tante volte sentiamo dire: “Ma, la Chiesa non fa questo, la Chiesa non fa qualcos’altro…” – “Ma, dimmi, chi è la Chiesa?” – “Sono i preti, i vescovi, il Papa…” – La Chiesa siamo tutti, noi! Tutti i battezzati siamo la Chiesa, la Chiesa di Gesù. Da tutti coloro che seguono il Signore Gesù e che, nel suo nome, si fanno vicini agli ultimi e ai sofferenti, cercando di offrire un po’ di sollievo, di conforto e di pace. Tutti coloro che fanno ciò che il Signore ci ha comandato sono la Chiesa. Comprendiamo, allora, che anche la realtà visibile della Chiesa non è misurabile, non è conoscibile in tutta la sua pienezza: come si fa a conoscere tutto il bene che viene fatto? Tante opere di amore, tante fedeltà nelle famiglie, tanto lavoro per educare i figli, per trasmettere la fede, tanta sofferenza nei malati che offrono le loro sofferenze al Signore… Ma questo non si può misurare ed è tanto grande! Come si fa a conoscere tutte le meraviglie che, attraverso di noi, Cristo riesce ad operare nel cuore e nella vita di ogni persona? Vedete: anche la realtà visibile della Chiesa va oltre il nostro controllo, va oltre le nostre forze, ed è una realtà misteriosa, perché viene da Dio.
2. Per comprendere il rapporto, nella Chiesa, il rapporto tra la sua realtà visibile e quella spirituale, non c’è altra via che guardare a Cristo, del quale la Chiesa costituisce il corpo e dal quale essa viene generata, in un atto di infinito amore. Anche in Cristo infatti, in forza del mistero dell’Incarnazione, riconosciamo una natura umana e una natura divina, unite nella stessa persona in modo mirabile e indissolubile. Ciò vale in modo analogo anche per la Chiesa. E come in Cristo la natura umana asseconda pienamente quella divina e si pone al suo servizio, in funzione del compimento della salvezza, così avviene, nella Chiesa, per la sua realtà visibile, nei confronti di quella spirituale. Anche la Chiesa, quindi, è un mistero, nel quale ciò che non si vede è più importante di ciò che si vede, e può essere riconosciuto solo con gli occhi della fede (cfr Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 8).
3. Nel caso della Chiesa, però, dobbiamo chiederci: come la realtà visibile può porsi a servizio di quella spirituale? Ancora una volta, possiamo comprenderlo guardando a Cristo. Cristo è il modello della Chiesa, perché la Chiesa è il suo corpo. E’ il modello di tutti i cristiani, di tutti noi. Quando si guarda Cristo non si sbaglia. Nel Vangelo di Luca si racconta come Gesù, tornato a Nazaret , dove era cresciuto, entrò nella sinagoga e lesse, riferendolo a se stesso, il passo del profeta Isaia dove sta scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore» (4,18-19). Ecco: come Cristo si è servito della sua umanità - perché era anche uomo - per annunciare e realizzare il disegno divino di redenzione e di salvezza - perché era Dio -, così deve essere anche per la Chiesa. Attraverso la sua realtà visibile, di tutto quello che si vede, i sacramenti e la testimonianza di tutti noi cristiani, la Chiesa è chiamata ogni giorno a farsi vicina ad ogni uomo, a cominciare da chi è povero, da chi soffre e da chi è emarginato, in modo da continuare a far sentire su tutti lo sguardo compassionevole e misericordioso di Gesù.
Cari fratelli e sorelle, spesso come Chiesa facciamo esperienza della nostra fragilità e dei nostri limiti. Tutti ne abbiamo. Tutti siamo peccatori. Nessuno di tutti noi può dire: “Io non sono peccatore”. Ma se qualcuno di noi si sente che non è peccatore, alzi la mano. Tutti lo siamo. E questa fragilità, questi limiti, questi nostri peccati, è giusto che procurino in noi un profondo dispiacere, soprattutto quando diamo cattivo esempio e ci accorgiamo di diventare motivo di scandalo. Quante volte abbiamo sentito, nel quartiere: “Ma, quella persona di là, va sempre in Chiesa ma sparla di tutti…”. Questo non è cristiano, è un cattivo esempio: è un peccato. E così noi diamo un cattivo esempio: “E, insomma, se questo o questa è cristiano, io mi faccio ateo”. La nostra testimonianza è quella di far capire cosa significa essere cristiano.Chiediamo di non essere motivo di scandalo. Chiediamo il dono della fede, perché possiamo comprendere come, nonostante la nostra pochezza e la nostra povertà, il Signore ci ha reso davvero strumento di grazia e segno visibile del suo amore per tutta l’umanità. Possiamo diventare motivo di scandalo, sì. Ma possiamo anche diventare motivo di testimonianza, dicendo con la nostra vita quello che Gesù vuole da noi.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi,
e io vi darò ristoro.
Alleuia.
Vangelo Mt 5,1-12 Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.
+Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli». Parola del Signore
LETTURE
Prima Lettura Ap 7,2-4.9-14 Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua.
Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo
Io, Giovanni, vidi salire dall'oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d'Israele. Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all'Agnello». E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen». Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell'Agnello».
Parola di Dio
Salmo Dal Salmo 23 (24) Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.
Del Signore è la terra e quanto contiene: il mondo, con i suoi abitanti. È lui che l'ha fondato sui mari e sui fiumi l'ha stabilito. R. Chi potrà salire il monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non si rivolge agli idoli. R. Egli otterrà benedizione dal Signore, giustizia da Dio sua salvezza. Ecco la generazione che lo cerca, che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe. R.
Seconda Lettura 1Gv 3,1-3 Vedremo Dio così come egli è. Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo
Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.
Parola di Dio
Tutti i Santi
1 novembre
Festeggiare tutti i santi è guardare coloro che già posseggono l’eredità della gloria eterna. Quelli che hanno voluto vivere della loro grazia di figli adottivi, che hanno lasciato che la misericordia del Padre vivificasse ogni istante della loro vita, ogni fibra del loro cuore. I santi contemplano il volto di Dio e gioiscono appieno di questa visione. Sono i fratelli maggiori che la Chiesa ci propone come modelli perché, peccatori come ognuno di noi, tutti hanno accettato di lasciarsi incontrare da Gesù, attraverso i loro desideri, le loro debolezze, le loro sofferenze, e anche le loro tristezze. Questa beatitudine che dà loro il condividere in questo momento la vita stessa della Santa Trinità è un frutto di sovrabbondanza che il sangue di Cristo ha loro acquistato. Nonostante le notti, attraverso le purificazioni costanti che l’amore esige per essere vero amore, e a volte al di là di ogni speranza umana, tutti hanno voluto lasciarsi bruciare dall’amore e scomparire affinché Gesù fosse progressivamente tutto in loro. E' Maria, la Regina di tutti i Santi, che li ha instancabilmente riportati a questa via di povertà, è al suo seguito che essi hanno imparato a ricevere tutto come un dono gratuito del Figlio; è con lei che essi vivono attualmente, nascosti nel segreto del Padre.
Martirologio Romano: Solennità di tutti i Santi uniti con Cristo nella gloria: oggi, in un unico giubilo di festa la Chiesa ancora pellegrina sulla terra venera la memoria di coloro della cui compagnia esulta il cielo, per essere incitata dal loro esempio, allietata dalla loro protezione e coronata dalla loro vittoria davanti alla maestà divina nei secoli eterni.
La festa di tutti i Santi, il 1 novembre si diffuse nell’Europa latina nei secoli VIII-IX. Si iniziò a celebrare la festa di tutti i santi anche a Roma, fin dal sec. IX. Un’unica festa per tutti i Santi, ossia per la Chiesa gloriosa, intimamente unita alla Chiesa ancora pellegrinante e sofferente. Oggi è una festa di speranza: “l’assemblea festosa dei nostri fratelli” rappresenta la parte eletta e sicuramente riuscita del popolo di Dio; ci richiama al nostro fine e alla nostra vocazione vera: la santità, cui tutti siamo chiamati non attraverso opere straordinarie, ma con il compimento fedele della grazia del battesimo.
Dai “Discorsi” di san Bernardo, abate A che serve dunque la nostra lode ai santi, a che il nostro tributo di gloria, a che questa stessa nostra solennità? Perché ad essi gli onori di questa stessa terra quando, secondo la promessa del Figlio, il Padre celeste li onora? A che dunque i nostri encomi per essi? I santi non hanno bisogno dei nostri onori e nulla viene a loro dal nostro culto. E’ chiaro che, quando ne veneriamo la memoria, facciamo i nostri interessi, non i loro. Per parte mia devo confessare che, quando penso ai santi, mi sento ardere da grandi desideri. Il primo desiderio, che la memoria dei santi o suscita o stimola maggiormente in noi, é quello di godere della loro tanto dolce compagnia e di meritare di essere concittadini e familiari degli spiriti beati, di trovarci insieme all’assemblea dei patriarchi, alle schiere dei profeti, al senato degli apostoli, agli eserciti numerosi dei martiri, alla comunità dei confessori, ai cori delle vergini, di essere insomma riuniti e felici nella comunione di tutti i santi. Ci attende la primitiva comunità dei cristiani, e noi ce ne disinteresseremo? I santi desiderano di averci con loro e noi e ce ne mostreremo indifferenti? I giusti ci aspettano, e noi non ce ne prenderemo cura? No, fratelli, destiamoci dalla nostra deplorevole apatia. Risorgiamo con Cristo, ricerchiamo le cose di lassù, quelle gustiamo. Sentiamo il desiderio di coloro che ci desiderano, affrettiamoci verso coloro che ci aspettano, anticipano con i voti dell’anima la condizione di coloro che ci attendono. Non soltanto dobbiamo desiderare la compagnia dei santi, ma anche di possederne la felicità. Mentre dunque bramiamo di stare insieme a loro, stimoliamo nel nostro cuore l’aspirazione più intensa a condividerne la gloria. Questa bramosia non é certo disdicevole, perché una tale fame di gloria é tutt’altro che pericolosa. Vi é un secondo desiderio che viene suscitato in noi dalla commemorazione dei santi, ed é quello che Cristo, nostra vita, si mostri anche a noi come a loro, e noi pure facciamo con lui la nostra apparizione nella gloria. Frattanto il nostro capo si presenta a noi non come é ora in cielo, ma nella forma che ha voluto assumere per noi qui in terra. Lo vediamo quindi non coronato di gloria, ma circondato dalle spine dei nostri peccati. Si vergogni perciò ogni membro di far sfoggio di ricercatezza sotto un capo coronato di spine. Comprenda che le sue eleganze non gli fanno onore, ma lo espongono al ridicolo. Giungerà il momento della venuta di Cristo, quando non si annunzierà più la sua morte. Allora sapremo che anche noi siamo morti e che la nostra vita é nascosta con lui in Dio. Allora Cristo apparirà come capo glorioso e con lui brilleranno le membra glorificate. Allora trasformerà il nostri corpo umiliato, rendendolo simile alla gloria del capo, che é lui stesso. Nutriamo dunque liberamente la brama della gloria. Ne abbiamo ogni diritto. Ma perché la speranza di una felicità così incomaparabile abbia a diventare realtà, ci é necessario il soccorso dei santi. Sollecitiamolo premurosamente. Così, per loro intercessione, arriveremo là dove da soli non potremmo mai pensare di giungere. (Disc. 2; Opera omnia, ed. Cisterc. 5 [1968] 364-368)
Godete e rallegratevi, perché grande è la vostro ricompensa nei cieli. La beatitudine, consiste nel raggiungimento di ciò che colma e fa felice definitivamente il cuore dell’uomo. È la felicita che hanno conseguito i santi, che oggi celebriamo riuniti in un’unica festa. È una schiera che nessuno può numerare e che hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’ Agnello, hanno cioè sperimentato in vita e in morte l’infinita misericordia di divina e vivono, anche per le loro virtù, nella beatitudine eterna. Una beatitudine a cui ogni fedele aspira nella speranza che lo stesso Cristo ci infonde. Il Cristo annuncia una felicità che non è nell’ordine dei valori terreni, ma è in vista del Regno, proclamato da lui, e, pur cominciando già su questa terra per coloro che accolgono Cristo e le sue esigenze, sarà definitiva solo nell’eternità. La Chiesa, formata da tutti i santi, ci invita oggi a guardare al futuro e al premio che Dio ha riservato a coloro che lo seguono nel difficile cammino della perfezione evangelica. Tutti vorremmo che, dopo la nostra morte, questo giorno fosse anche la nostra festa. Gesù ci invita a godere e rallegrarci già durante il percorso in vista dell’approdo finale. La santità quindi non è la meta di pochi privilegiati, ma l’aspirazione continua e costante di ogni credente, nella ferma convinzione che questa è innanzi tutto un progetto divino che nessuno esclude e che ci è stata confermata a prezzo del sacrificio di Cristo, che ha dato la vita per la nostra salvezza, quindi per la nostra santità. Non conseguire la meta allora significherebbe rendersi responsabile di quel grande peccato, che nessuno speriamo commetta, di vanificare l’opera redentiva del salvatore. Sant’Agostino, mosso da santa invidia soleva ripetersi: “Se tanti e tante perché non io?”